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Cagnano Varano/ «E io vendo i sette capodogli»

La crociata del titolare dell’azienda mai pagata per la rimozione delle carcasse. Contattati alcuni musei marini. Una storia che si trascina tra inerzie e menefreghismo: «io rischio il fallimento».

 

In vendita le carcasse dei sette cetacei spiaggiati il 7 dicembre del 2009. La decisione presa da Antonio Marrucchelli, padre di uno dei soci dell’Agritur impresa che provvide alla rimozione e interramento dei sette mammiferi marini. Una storia infinita. “Continuano a menare il can
per l’aia – sbotta Marrucchielli – dopo un lungo anno di lotta, siamo riusciti a recuperare una prima trance dell’importo dovuto per i lavori, che a stento copre i costi per le spese sostenute”.
Apprezzabili per Marrucchelli e il suo legale, Giuliano Iovane, la sensibilità e la determinazione del prefetto, Antonio Nunziante, che più volte ha organizzato incontri invitando i rappresentanti istituzionali interessati, ma ad eccezione dei sindaci di Cagnano Varano e Ischitella, e di un responsabile della Provincia, di tutti gli altri (Regione, Ente parco nazionale del Gargano Ministero dell’Ambiente) si son perse le tracce, “mostrando così – sottolinea Marrucchelli – totale indifferenza senza pari”. Il tavolo tecnico doveva “esprimere un parere di congruità sui costi delle operazioni, richiesto ai tecnici dei Comuni sul cui territorio furono recuperati i cetacei”. Per Marrucchelli, comunque anche questo passaggio non era altro che un voler prolungare l’attesa dell’Agritur poiché, in ogni caso, non si dichiarava quali Enti fossero responsabili dei pagamenti. Quanto al parere di congruità, non è altro che un pretesto, in quanto all’Agritur fu “imposto” la redazione di un progetto con il relativo computo metrico e, naturalmente, i suoi costi, che venne consegnato ai rappresentanti di tutti gli Enti”. Dopo oltre un anno il dato di fatto è che “non esiste un Ente o un’Autorità che si ritiene responsabile dei pagamenti (lo stesso Ministero dell’Ambiente, che ha corrisposto la prima trance, ha più volte sottolineato, per iscritto, che ciò ha fatto solo a titolo di contribuzione, senza avere alcuna obbligazione nei confronti dell’Agritur). A questo punto – per Marrucchelli (è anche proprietario del terreno dove sono interrati i capodogli) – poichè tutti negano di avere assunto impegni in tal senso è, ancora, di non avere alcuna responsabilità in ordine ai pagamenti, vuol dire che i capodogli non appartengono ad alcuno degli Enti e Autorità che ne hanno ordinato l’interramento, ritengo di averne a buon titolo la proprietà e, quindi, di poter disporne a mio piacimento”. Obbligata, a questo punto, la strada da percorrere: “Per consentire a mio figlio, di recuperare i suoi soldi,’ è di mettere in vendita i cetacei e, in tal senso, ho avviato contatti anche con alcuni musei marini (sia esteri che italiani) e li cederò al migliore offerente. Non so quanto potrò ricavare dall’operazione, ma spero che almeno la Società di mio figlio possa recuperare i suoi soldi”. Parole al vento? Niente affatto – giura Marrucchelli – perchè nessuno potrà venire nel mio terreno per riprendersi, quando sarà terminato il processo di calcificazione delle carcasse, gli scheletri, perché non esiste un proprietario di essi, se non io. Mio figlio, con la sua Società, li ha recuperati, io ho messo a disposizione un terreno, quindi i capodogli sono i nostri e io li venderò. Non posso fare altro, visto che nessuno, ripeto, si è fatto avanti per dichiararne la proprietà e così pagare i costi sopportati dall’Agritur”.

Francesco Mastropaolo