Centrale la questione dell’aeroporto Gino Lisa. Ma in attesa della riqualificazione dello scalo, bisogna sfruttare meglio l’elevato tasso di turisticità. I dati del paper sul turismo di Euro Idees.
Il Salento che da sempre contende al Gargano la leadership del turismo pugliese pare aver messo la freccia, accingendosi al sorpasso, come viene adombrato nel "paper" sul turismo pugliese di Euro*IDEES, ma anche dai dati della stagione turistica 2012, che hanno visto la Capitanata annaspare. La provincia di Foggia ristagna, mentre cresce di quella di Lecce che in termini di presenze turistiche quasi galoppa. Il sorpasso è dunque inevitabile? Cifre alla mano, a fare la differenza pare essere proprio gli aeroporti, ‘la funzionalità e la competitività dell’aeroporto di Foggia, e di quello salentino. Il boom turistico della provincia di Lecce è determinato essenzialmente da due fattori: la crescita esponenziale dei posti letto e la spinta operata dall’aeroporto di Brindisi. Per quanto riguarda i posti letto il Salento è passato dai 20.000 del 2005 ai 72.000 di oggi, ed è ovvio che quando l’offerta aumenta in termini così ampi, crescono impetuosamente anche le presenze turistiche. Il resto lo hanno fatto le politiche di mobilità. Oggi le compagnie low cost svolgono sempre di più il ruolo di tour operator, puntando a realizzare i loro profitti non più sul posto sedile, ma sul pacchetto di servizi turistici che viene venduto assieme al viaggio. Prudenzialmente, c’è chi stima almeno nel 20% l’incidenza dei voli low cost nel boom del turismo salentino. E la provincia di Foggia che fa, cosa può fare. In attesa che venga avviato a soluzione il problema dell’aeroporto Gìno Lisa (i lavori di riqualificazione della pista procedono molto a rilento), può essere già ritenuta una buona notizia che il piano di ridimensionamento degli aeroporti disposto dal Ministro Passera, abbia se non altro riconosciuta la vocazione turistica dello scalo foggiano. Il resto si può e si deve farlo cercando di sfruttare fino in fondo l’enorme potenziale turistico del Gargano e, della provincia di Foggia che presentano gli indici di turisticità più elevati della Puglia e dunque una rilevante capacità competitiva. Per rilanciare la competitività del Gargano è necessario prima di tutto lavorare su tutti i prodotti turistici che il promontorio è in grado di mettere in campo. Il Gargano è una risorsa enorme proprio perché la sua offerta non è limitata soltanto al turismo balneare, ma si può vendere anche il turismo naturalistico, religioso, congressuale. Per farlo sono pèrò necessarie politiche di mobilità assai più incisive, ed ecco che torna comunque la questione dell’aeroporto. La piena agibilità del Lisa è essenziale per due ragioni: perché consente di vendere meglio i prodotti integrativi rispetto al balneare e perché permette ,seriamente di puntare alla destagionalizzazione, Allo stato attuale, è impensabile poter vendere brevi soggiorni, se il turista che sceglie il promontorio ci mette un’ora per arrivare da Milano a Bari e quasi quattro ore per essere poi trasportato da Bari a Vieste. Un’altra possibile chiave di volta per il Gargano sta in una migliore integrazione con gli altri territorio, anche se questo può sembrare un paradosso. La tesi complessiva sostenuta dagli autori del "paper" sul turismo pugliese è che mentre il sistema turistico Italia accuse battute a vuoto, quello meridionale e pugliese si trova di fronte ad un trend espansivo, per cui sarebbe necessario un maggior coordinamento tra le Regioni, per rilanciare la competitività del turismo italiano. Le politiche turistiche pubbliche vanno profondamente riviste e sistemate. E in questo senso, la Regione Puglia deve chiedersi se non si stia cincischiando troppo sui sistemi turistici locali. Oggi più che mai è necessario pensare allo sviluppo vocazionale, cioè a un modello di sviluppo fondato sulle nostre vocazioni, sulle nostre attitudini. Rivedendo anche alcuni modelli di concertazione che sono stati perseguiti fino ad oggi: che senso ha finanziare un imprenditore trevigiano perché venga a produrre vetro nella nostra terra, quando dobbiamo puntare sulle nostre vocazioni, che sono il turismo e l’agroalimentare, e che tra l’altro possono meravigliosamente integrarsi tra di loro? Ma occorrono politiche di sviluppo serie, che non restino solo belle intenzioni o vengano declamate in occasione dei convegni. Sull’una e l’altra vocazione possono essere implementate politiche di brand. Pensiamo solo all’olio extravergine di oliva. L’olio dop "Danno" è sicuramente tra i migliori d’Italia, però i nostri produttori lo vendono a 2,70 euro, mentre quello toscano costa 9 euro. La nostra agricoltura fa prodotti d’eccellenza, ma non ha la forza di andare sui mercati. Il ruolo delle istituzioni pubbliche dovrebbe essere proprio quelle di sostenerli, fare autentico marketing territoriale. Il tutto tenendo sempre presenti le priorità o se vuoi le precondizioni perché possano essere innescati meccanismi virtuosi di sviluppo: efficaci politiche di mobilità che rendano finalmente giustizia alla centralità geografica della Capitanata e politiche di sicurezza che sconfiggendo i poteri criminosi, le infiltrazioni, le collusioni incoraggino quanti vogliono investire nella nostra terra a farlo serenamente.Uno dei fattori del modello Butler utilizzando nella ricerca di Euro*IDEES è proprio la capacità di una destinazione turistica ad attrarre investimenti esterni: bisogna fare in modo che chi vuole possa farlo, che chi investe nella crescita del territorio faccia veramente un affare.
Geppe Inserra