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Vico del Gargano – Il villaggio turistico “Macchia di Mare”: una lunga storia di cialtroni

 

Quella che stiamo per raccontarvi è una lunga storia di rarissimo buon senso e tanta cialtronaggine, che ha ridotto il villaggio turistico, di proprietà pubblica, “Macchia di Mare” in un cumulo di macerie.

Il luogo è stato da sempre considerato il gioiello di famiglia da conservare gelosamente e mostrare agli ospiti nelle grandi occasioni; una fonte di lavoro e di vacanze in un ambiente di rara bellezza, posizionato fra l’Adriatico e la monumentale Pineta Marzini. In conseguenza di una disastrosa amministrazione finanziaria conclusasi con la “fuga del sindaco”, il Comune di Vico del Gargano nel 1989, travolto dai debiti, dichiarava il dissesto finanziario. Una nuova Amministrazione si insedia a Palazzo San Domenico, guidata dal Sindaco Matteo Fiorentino (padre dell’assessore Massimo Fiorentino) e nella seduta del Consiglio Comunale straordinario del 6 dicembre 1989, il prof. Giuseppe d’Avolio assessore alla Programmazione; Lavori Pubblici espone le linee programmatiche della nuova amministrazione. A pag. 10 della delibera, mai revocata, si legge:” …Piano di Insediamento Produttivo-commerciale-turistico a Calenella, nella zona tra la strada SS.89 ed i costoni collinari di Gadescia, Vasto e Pineta Marzini…e a pag. 13…trasformare il villaggio turistico Macchia di Mare in Centro Alberghiero (cat. 4 stelle ) in grado di assicurare lo svolgimento di attività plurime (centro culturale, albergo della salute, albergo degli affari, centro congressi, piscina coperta, sauna, palestra, golf, ecc.) Questa delibera, di una ventina di pagine, è l’unica traccia di una programmazione a medio termine. Nello stesso anno veniva deliberato una proposta di bilancio stabilmente in ordine e riequilibrato. La Prefettura di Foggia nel 1993 comunicava al comune di Vico del Gargano che il Ministero all’Interno approvava la proposta di bilancio riequilibrato e ordinava:” al Comune di adottare i provvedimenti per l’immediata chiusura del Villaggio Turistico Macchia di Mare in quanto la gestione dello stesso risulta compromettere la stabilità dell’equilibrio finanziario dell’Ente a causa di oneri indotti”.  Da allora il villaggio di Calenella risulta completamente abbandonato. Questo è l’unico provvedimento degli “amministratori” vichesi sino ad oggi.

 

Nel 1991 una parte del villaggio ed una fascia di bosco costiero, fra la famosa Pineta Marzini e San Menaio, venivano sottoposti a procedura di esproprio. In tale procedura il dott. Gabriele Scalfarotto, CTU per la stima del bene, descriveva lo stato di Macchia di Mare al 1993, quale prova storica dello stato del bene.
Il Ministero all’Interno aveva decretato la chiusura dell’azienda turistica comunale, non certo il suo completo abbandono. Nei successivi sette anni gli “amministratori” non si degnavano neppure di far pulire i rifiuti abbandonati. Nessuna traccia di manutenzione e sorveglianza, in spregio alle norme di diligenza e doveri di buon governo. In poco tempo il villaggio Macchia di Mare diveniva “terra di nessuno” e attesta e riflette ancora oggi lo scempio che si fa del bene pubblico e l’incapacità di governare il patrimonio comunale. Oggi, si chiede la proprietà del Palazzo della Bella per arrivare allo stesso risultato. A causa del lungo abbandono e incuria un imprenditore turistico confinante ha indetto una causa per concreto pericolo e incolumità a cose e persone e per danno patrimoniale alla propria azienda turistica “Baia di Calenella”. Il Sindaco, destinatario della citazione, non adottava alcun provvedimento disinteressandosi. Il confinante, nel mese di luglio del 1997,  adiva davanti al Pretore di Vico del Gargano e chiedeva una perizia su Macchia di Mare per accertare l’esistenza del pericolo a persone e cose. Veniva incaricato un nuovo CTU, geom. Michelino Esposito, il quale descriveva dettagliatamente lo stato dei luoghi. Siamo nel 1999. Nè il Sindaco, né l’Ufficio Tecnico comunale prestavano un minimo di collaborazione. Evidentemente era noto a tutti gli “amministratori” lo stato di Macchia di Mare descritto nella perizia giudiziaria. Michelino Esposito così descrive lo stato del villaggio:”…in stato di abbandono da svariati anni e quindi privo di qualsiasi sorveglianza e relativa manutenzione; è composto da molti bungalow in legno monolocali e da altri prefabbricati in legno bilocali appoggiati al suolo in modo del tutto precario, da servizi igienici, da una struttura in muratura che era adibita a bar ristorante e da un market…tutto il complesso si presenta in stato di completo abbandono, con infissi divelti e privi di vetri, assenza di recinzione o solo un rudimentale filo di ferro, è quindi di facile accesso a persone o animali…sull’appezzamento si notano pozzetti scoperchiati da dove partono gli impianti elettrici sicuramente non a norma, ma attualmente non funzionante, anche le tubature di scarico degli impianti fognanti in alcune parti hanno la copertura divelta, l’edificio che veniva adibito a bar ristorante, strutturalmente in muratura, si presenta in pessimo stato statico e di completo abbandono, e sicuramente proprio per l’assenza di qualsiasi manutenzione le infiltrazioni d’acqua hanno causato delle lesioni sia lungo il solaio che nella muratura portante, cedimento di parte dei muretti di recinzione del terrazzo…dal sopralluogo è scaturito che i locali vengono usati da qualche occasionale occupatore, forse extracomunitario, e quindi si lascia all’immaginazione in quale stato igienico sanitario essi sono ridotti; in tutta la zona vi sono disseminati cumuli d’immondizia.
Nel concludere il CTU, Esposito, scriveva:” tutto il complesso Macchia di Mare è in stato di abbandono e lo stato strutturale degli immobili è in degrado e non possono essere minimamente recuperati, ma vanno demoliti; la superficie del complesso per buona parte è ricoperta di immondizia e tutta è ricoperta di aghi di pino secchi che sicuramente potrebbero essere un pericolo per un eventuale incendio; per quanto riguarda le strutture in legno esistenti, dato il tempo in cui furono realizzate circa 30 anni addietro, all’epoca sicuramente erano idonee, attualmente le stesse costituiscono un grave pericolo per la pubblica e privata incolumità e quindi le stesse vanno eliminate, come pure va eliminata la struttura in ferro e in legno che veniva adibita a market; la strutture che era adibita a bar ristorante è in pessimo stato di degrado ed ad avviso dello scrivente, a seguito delle lesioni, crepe lungo la muratura portante, sul solaio e forse anche nelle fondazioni, potrebbe verificarsi anche un crollo parziale o totale per effetto di un evento sismico, di forti ventilate o da prolungate piogge e quindi si consiglierebbe una puntellatura di tutta la struttura in considerazione che la stessa è posta nelle vicinanze del confino del  sottostante complesso turistico
“Baia di Calenella”; gli impianti elettrici sicuramente non a norma potrebbero essere causa di incendio…invece gli impianti idraulici ed in special modo gli impianti fognanti in stato di degrado, per effetto di acqua stagnante possono essere ricettacolo di ratti e quindi costituire un grave pericolo igienico-sanitario per il vicino complesso…inoltre un eventuale pericolo è costituito dal crollo dei pini posti nelle immediate vicinanze del complesso di proprietà della ricorrente…
E’ gravissimo il pericolo ed il danno patrimoniale comunale di “Macchia di Mare” arrecato dall’attuale amministrazione per incuria. Dal 1993, data della prima CTU, nel giudizio di esecuzione, all’ultima sopra testualmente riportata, l’inadempimento ai doveri di gestione del patrimonio, che si concreta nell’omissione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sino all’abbandono totale, ha prodotto un grave danno al Comune di Vico del Gargano. Esso è pari al valore del degrado dell’azienda turistica “Macchia di Mare” dal 1993 allo stato attuale.
L’incuria di questa amministrazione, protratta per sette anni, ha trasformato un azienda comunale funzionante in un relitto. Gli autori di tale scempio devono essere chiamati a rispondere al cittadino del danno al patrimonio immobiliare comunale.
La gravità dell’omissione è giunta a produrre documentati pericoli per la pubblica e privata incolumità, nonché ai beni dei vicini ed è tale da integrare la violazione dell’art. 677 c.p.
Mai l’Amministrazione del Comune di Vico del Gargano ha voluto prendere conoscenza degli effetti della propria incuria. Mai negli ultimi sette anni è stata chiesta o attuata dal Comune per il tramite Ufficio Tecnico Comunale una stima completa dei luoghi ed una verifica della situazione di pericolo denunciata sin dal giugno 1997 dal vicino “Baia di Calenella”. Neppure nell’evidenza del disastro e del pericolo emerso nel corso del giudizio per perizia tecnica preventiva, a cui il Comune prendeva parte, l’Amministrazione riconosceva le proprie colpe ed adottava i provvedimenti dovuti per porvi rimedio. Anche dopo la notifica della sopra riportata perizia giudiziaria, il Sindaco Matteo Cannarozzi non adottava neppure i provvedimenti di urgenza volti alla tutela della pubblica incolumità.
Si sottraeva così ad un proprio dovere istituzionale omettendo ripetutamente atti dovuti dal proprio ufficio in violazione dell’art. 328 c.p.
Nello svolgimento dell’attività amministrativa venivano così violate non solo le leggi amministrative e penali, ma anche le regole di comune prudenza e diligenza. E tra queste ultime la norma primaria e fondamentale del neminem leadere, per evitare danni alla vita, all’incolumità e al patrimonio dei privati.
Per l’effetto l’azienda “Macchia di Mare”, pure gravata da usi civici in favore del popolo, abbandonata a se stessa rimaneva ancora res nullius, a disposizione di extracomunitari, tossicodipendenti ed in danno del cittadino e del vicino imprenditore turistico. Questi ricorreva ancora una volta alla magistratura per ottenere tutela cautelare. Chiedeva al Tribunale di Lucera di ordinare al Comune di Vico del Gargano l’eliminazione delle fonti del pericolo.
Il Giudice, dott.ssa Tamara De Amicis, con Ordinanza del settembre 1999, ordinava al Comune di Vico del Gargano di…” eseguire nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione rimozione degli alberi già recisi, pulizia del sottobosco e disinfestazione dell’intera zona; rimozione delle strutture abitative in legno e del market; puntellamento con idonea impalcatura della struttura adibita a bar-ristorante, in modo tale da evitare il pericolo di crollo; bonifica dell’area interessata da condutture interrate per l’energia elettrica, in modo tale da evitare il pericolo di incendi, senza ripristino delle condutture medesime; smantellamento dell’impianto fognante interrato, senza ripristino dello stesso; recinzione dell’intera fascia di intervento”.
Il Giudice civile riteneva così necessario sostituirsi all’incurante amministrazione e gli ordinava di compiere il proprio dovere. Il Magistrato, stante la pluriennale inerzia dell’Ente e la manifesta incuria dello stesso, ordinava anche:” in caso di inattività del Comune, autorizza parte ricorrente ed eseguire le medesime opere a proprie cure e spese, salvo rivalsa”.
Nel mese di settembre 1999, l’Ordinanza veniva consegnata al Comune di Vico del Gargano per mezzo Ufficiale Giudiziario, ma gli Amministratori, ancora una volta, non fecero nulla.
La violazione dei doveri di governo per la tutela della pubblica e privata incolumità e per la tutela del patrimonio comunale, degeneravano nell’inadempimento all’ordine del Tribunale.
Quindi, non solo nell’evidenza di una situazione di pericolo erano stati omessi atti d’ufficio, ma quegli stessi atti a tutela della cittadinanza, del patrimonio dell’Ente e di quello dei vicini, erano stati rifiutati anche alla Giustizia.
Ma il confinante “Baia di Calenella” non si ferma e con atto di citazione 12.10.1999 chiedeva al Comune di Vico del Gargano la somma di Lire 850.000.000 a titolo di risarcimento danni. Di tale entità è il danno provocato al Comune dall’incuria dell’amministrazione.

 

L’Ente, anziché ottemperare ai propri doveri ricordati ed enunciati dal Tribunale, proponeva un inutile reclamo avverso l’Ordinanza cautelare ed il giudizio del Tribunale di Lucera si concludeva con una sonora sconfitta del Comune e nuovo provvedimento del Presidente dott. Francesco Infantini in data 24.12.1999:”…sussistendo la responsabilità dell’Ente stesso per qualsivoglia pericolo di danno che possa derivare a terzi dalle strutture insistenti su detto suolo…atteso che gli interventi ordinati dal Giudice di primo grado non incidono sulla discrezionalità amministrativa, ma si sostanziano in una attività materiale imposta alla Pubblica Amministrazione, nella veste di proprietaria del suolo in oggetto…dovendosi ritenere gli interventi ordinati dal Giudice di primo grado gli unici idonei a scongiurare la situazione di pericolo per la confinante struttura turistica…rigetta il reclamo”.
Trascorsi inutilmente i sessanta giorni della Ordinaza del Giudice, stante l’urgenza di intervenire su Macchia di Mare, il confinante inizia i lavori di bonifica a proprie cure e spese in forza dell’autorizzazione del Tribunale. Da qui hanno inizio una lunga ed intricata matassa di atti amministrativi e giudizi allo scopo di non fare eseguire i lavori di bonifica. Il Comune difeso dall’avv. Fiorenzo Mastromatteo diffidava Baia di Calenella dal compiere qualunque attività, in attesa dell’esito del giudizio di reclamo, con lettera del novembre 1999.
Pur di evitare l’esecuzione dell’intervento di bonifica su Macchia di Mare, il Comune inziava due distinte cause: una prima, volto a far dichiarare l’inefficacia dell’Ordinanza cautelare per difetto di notifica, conclusasi con il rigetto del ricorso proposto dal Comune e al pagamento di 5.000.000 che il Comune pagava. L’altro giudizio, al medesimo Giudice, con il quale il Comune lamentava una difforme esecuzione delle opere ordinate dal Magistrato. Il nuovo CTU, anzi lo stesso Michelino Esposito, risponde ai quesiti posti dal Giudice:”…da quanto precede risulta che i lavori così come condotti fino alla data del maggio 2000…non hanno violato le leggi, tanto è vero che in tal senso si è espresso l’Ispettorato Dipartimentale delle Foreste…il Genio Civile ha confermato che i lavori così come condotti fino all’epoca del sopralluogo non avevano bisogno di autorizzazione o deposito di grafici e relativi calcoli”. Ma il Comune doveva pur mostrare i muscoli abusando del proprio potere. Con un primo atto a firma dellArch. Elio Aimola, siamo nel gennaio 2000, si chiedeva ai Vigili Urbani di adottare:”…gli opportuni provvedimenti di competenza…poichè…le opere intraprese da Baia di Calenella risultano, allo stato arbitrariamente eseguite e non riconosciute dall’Ente comunale…Qui si raggiunge il vertice della follia amministrativa e della cialtronaggine. La figura apicale dell’UTC era così giunta da appropriarsi dei poteri della Giunta: opere non riconosciute dall’Ente comunale. Ed abusava di quei poteri compiendo un atto d’invito alla forza pubblica a contrastare una attività ordinata dal Tribunale e inguaiare i Vigili. Questi riconoscendo l’illegittimità dell’atto non intervennero, giustamente. A questo punto interveniva d’autorità l’avv. Raffaella Savastano, assessore ai LL. PP. Con atto di “invito e diffida” …a non dare inizio ai lavori di puntellamento dell’edificio bar-ristorante di Macchia di Mare, così come comunicato con nota del febbraio 2000.
Baia di Calenella proseguiva i lavori ed, in soccorso del Comune, riappare nuovamente Elio Aimola, quale dirigente responsabile dell’UTC, con una Ordinanza del marzo 2000…”di sospensione lavori senza autorizzazione edilizia, visto che Baia di Calenella sta realizzando dei lavori in ottemperanza di una Ordinanza del Tribunale di Lucera, con la quale si ordinava di eseguire, al fine di eliminare pericoli alla pubblica e privata incolumità le seguenti opere…una recinzione dell’area mediante rete in plastica di colore arancione; la demolizione di 20 unità abitative in legno e della struttura del market; il taglio di alberi”. Contestato che tale attività costituisce reato, disponeva l’immediata sospensione dei lavori.
Il confinante sospendeva volontariamente i lavori e ricorreva al TAR di Puglia per l’annullamento, previa sospensiva dell’Ordinanza di Aimola. I Giudici Amministrativi con Ordinanza del giugno 2000 accoglievano la domanda di sospensiva invocata da Baia Calenella, ordinando all’Amministrazione comunale di eseguirla. Sospesa l’efficacia dell’UTC si aspetta ora la sentenza di merito.
Nel frattempo l’UTC, dopo aver ordinato la sospensione dei lavori, marzo 2000, al fine di accertare l’esistenza di violazioni paesaggistiche ed urbanistiche poste a fondamento della propria Ordinanza, invitava l’Ufficio Urbanistico della Regione Puglia ad una verifica del cantiere giudiziario, insieme alla Soprintendenza per i beni AA. AA.AA.SS, al Parco Nazionale del Gargano, l’Ufficio del Genio Civile e il Coordinamento Territoriale del Corpo Forestale dello Stato. Mancavano solo le Guardie Svizzere.
Così il giorno 23 marzo 2000 una chiassosa e variopinta processione di Autorità raggiunge la parte di Macchia di Mare confinante con l’azienda Baia di Calenella. Il verbale di quella passeggiata si conclude certificando:”…alcuna violazione amministrativa o reato relativo all’esecuzione delle opere veniva accertato…l’Atto cautelare amministrativo del Comune di Vico del Gargano era carente di presupposti ed illegittimo. Questa arrogante e puntigliosa vicenda amministrativa è espressione di un volgare eccesso di potere che deborda ogni decenza e che, stranamente, non trova riscontro nell’adozione del PUG, liquidato in silenzio e in pochi minuti. Il tutto al fine di punire un privato che ha osato opporsi. Se ne dovrebbe occupare l’Art. 323 del c.p. Invece la “fedeltà” dell’UTC è stata poi premiata con il conferimento di un incarico per la (ridete un po’) “…riqualificazione ambientale di Macchia di Mare, importo di Lire 4.000.000.000…
Per contrastare l’abuso di potere del Comune di Vico del Gargano e del suo UTC, Baia di Calenella ricorreva al Prefetto di Foggia. Con tale atto si chiedeva al Prefetto di intervenire d’autorità nella vicenda, disponendo i provvedimenti… volti alla eliminazione dei pericoli documentati nella perizia giudiziaria del marzo 1999; stante l’impedimento apposto dall’Amministrazione Comunale con ogni mezzo e potere…Dalla prefettura silenzio tombale, nonostante una copiosa raccolta di firme del Circolo di Rifondazione Comunista attraverso la quale oltre quattrocento cittadini:”…chiedono al Signor Prefetto di Foggia, al Presidente della Giunta Regionale ed al Sindaco del Comune di Vico del Gargano di adoperarsi nell’immediato affinchè il campeggio Macchia di Mare (ex ENAL), sito nel territorio di Vico del Gargano in località Calenella, e che da oltre un decennio è in stato di totale abbandono e degrado, venga al più presto riutilizzato, ferma restando la sua iniziale vocazione a beneficio della collettività. Aprile 1999. Il Sindaco Matteo Cannarozzi scriveva al Prefetto di Foggia, sulla mozione di Rifondazione Comunista:” …Tanto si è voluto precisare a dimostrazione dell’effettivo impegno sempre dimostrato perchè il campeggio Macchia di Mare possa ritornare ad essere funzionante ed efficiente”. Quel “tanto si è voluto precisare” era riferito al verbale di deliberazione del Consiglio Comunale del 7 agosto 1997, n.47, inviato al Prefetto, contenente la decisione di acquistare dalla Regione Puglia le baracche fatiscenti che giacciono sul suolo comunale di Macchia di Mare.
In altra nota,19.03.1999, anche questa inviata al Prefetto, il Sindaco Cannarozzi testualmente affermava:” Rappresento che la struttura è ritenuta di pubblico interesse ed a causa del suo attuale degrado ed abbandono può essere di nocumento alla privata e pubblica incolumità… Chiedeva alla Regione Puglia il trasferimento della proprietà delle strutture di Macchia di Mare.
Scandaloso è che il Sindaco denunci un pericolo per la pubblica incolumità e non intervenga. Anzi contrasta e si oppone con tutti i cavilli che lo faccia il confinante.
Ma torniamo al racconto. Disposta dal TAR Puglia e dal Tribunale la revoca rispettivamente di ambedue le Ordinanze di sospensione dei lavori, il confinante poteva riprendere l’esecuzione dei lavori, trovandosi spesso anche di fronte a grossi quantitativi di scarti di eternit contenente amianto insieme a rifiuti di ogni genere e quanto di peggio per l’ambiente.
Il Comune, evidentemente, ligio alla “mupia”, iniziava un’altra causa con ricorso al Giudice di Rodi, mirata sempre ad evitare l’esecuzione dei lavori di bonifica e per eliminare il pericolo. Il Tribunale di Rodi, in data 10.10.2000, emette un Decreto che giudicava la domanda “ improcedibile e priva di fondamento”, senza neppure convocare il confinante Baia di Calenella. La “mupia” non ferma il Comune e appellava il provvedimento in sede di reclamo innanzi al Tribunale di Lucera. Ed ancora una volta il Collegio rigettava il ricorso condannando il Comune al pagamento delle spese per oltre un milione. Somma precettata e pagata dal contribuente, cioè noi.
Per “mupia” e per non adempiere ai propri doveri, l’amministrazione proponeva ben cinque ricorsi e relativi giudizi, in tutti soccombente con condanna alle spese nell’immediato o all’esito del giudizio per il risarcimento dei danni. A ciò va aggiunto che nel giudizio di merito, il Comune proponeva una domanda riconvenzionale per i danni per l’importo di Lire 800.000.000, così facendo raddoppiare il valore della causa e delle relative parcelle professionali. Nonostante tale spreco di danaro pubblico, il confinante portava a termine i lavori sostituendosi al Comune nell’adempimento dei suoi doveri. Unico effetto che l’amministrazione otteneva era quello di prolungare i tempi dell’intervento sino al marzo 2001, aumentandone i costi.
Non è finita. Si arriva all’ autolesionismo. Con una strampalata iniziativa amministrativa il Comune, nell’ottobre del 2000, avvia una procedura punitiva con la quale si mirava a far dichiarare la nullità di concessioni edilizie rilasciate nel 1994 e 1995 nei confronti del vicino per la realizzazione di bungalows, in epoca di otto anni addietro. Così i nostri “amministratori” giungevano a sostenere la nullità di propri atti amministrativi in una procedura che, se avrà esito positivo, esporrà l’Ente ad una azione per il risarcimento dei danni all’imprenditore confinante, pari al valore degli immobili realizzati da questo con concessioni rilasciate dalla stessa amministrazione.
Un comportamento stupefacente di Sindaco, Assessori, Consiglieri, Uffici. Invece di preoccuparsi su come utilizzare una pregevole area del vasto patrimonio pubblico, continuano a guerreggiare il vicino procurando un rilevante danno al magro bilancio comunale.
Facciamo un passo indietro per capire un po’ la storia e la natura del bene “Macchia di Mare”.
A raccontarlo è una seduta straordinaria del Consiglio Comunale del mese di luglio 1999, che porta all’ordine del giorno:” Villaggio Turistico Macchia di Mare “.
La narrazione inizia in un clima surreale e distratto (un po’ come l’adozione del PUG) da un contratto di locazione del 1961 in favore dell’ENAL, nel quale si stabiliva che al termine della locazione quanto costruito sarebbe rimasto in proprietà del Comune, senza alcun diritto di indennizzo al conduttore. Dall’anno successivo iniziavano tra le parti una lunga serie di trattative per la vendita del suolo che non sono mai giunte a conclusione. Poi, con citazione del settembre 1971 il Comune chiamava l’ENAL davanti al Tribunale di Lucera, non avendo ricevuti i canoni d’affitto. L’ENAL, a sua volta, si costituiva in giudizio chiedendo il trasferimento della proprietà. Il Tribunale di Lucera rigetta la richiesta di ENAL, siamo nel dicembre 1978.
Sempre nel 1978 interveniva la legge n.641 che sopprimeva l’ENAL, facendo subentrare di diritto la Regione Puglia in tutti i rapporti patrimoniali. Da questo momento il Comune di Vico del Gargano riteneva “il corredo sovrastrutturale e mobiliare” di proprietà della Regione. Infatti nel marzo del 1980 il “soprassuolo”, così veniva qualificato, veniva concesso dalla Regione in comodato al Comune, che ne aveva fatto richiesta. Durante il Consiglio si racconta di un giudizio pendente innanzi al TAR Puglia tra il Comune e la Regione, estintosi per abbandono nel maggio del 1988. Arriviamo nel dicembre del 1990, nello stesso giorno in Consiglio comunale arrivano due delibere: la n. 190 con la quale si chiede alla Regione la reintegra nel possesso della proprietà, e la n.191 con la quale il Comune deliberava di dare in concessione l’area a privati per 25 anni. Come si legano queste due delibere, logicamente, nemmeno il Mago di Arcella ci capisce una mazza.
Sempre dal racconto in Consiglio comunale emerge un contenzioso sorto per la concessione in affitto del suolo con la ditta Fio.Ma.S.a.s, di Lecce e l’affidamento del complesso ad altra ditta Fi.Da.Srl di Foggia, nel giugno del 1993. Segue nel racconto del Consiglio la citazione di una nota del luglio 1993 con la quale:” l’Assessore al Patrimonio comunicava con nota del settore legale della Regione Puglia la continuazione del contenzioso in essere”.
Da questa data si passa al 1997, saltando ben quattro anni di causa con la Fio.Ma. Srl, per descrivere gli effetti di una conferenza di servizi che non ha nesso di casualità con la situazione in essere. Comunque a Vico tutto è possibile. Da tale conferenza scaturivano le trattative per l’acquisto di Macchia di Mare, o meglio del “corredo”, dalla Regione Puglia al prezzo di Lire 637.000.000. Il tutto dopo una stima dell’UTE di Foggia del 1997. Interviene un “amministratore” di maggioranza e dice:” …considerato che questo Ente è da poco uscito dallo stato di dissesto finanziario e che in bilancio di previsione non sono state previste somme per il pagamento della terza parte del prezzo di cessione, anche in considerazione alla scarsità delle somme a disposizione dell’Amministrazione al fine di garantire i servizi essenziali, propone…di “regalare” 637.000.000 alla Regione Puglia! Nemmeno Vanna Marchi sarebbe arrivata a tanto. La ciliegina sulla torta è l’intervento conclusivo del Sindaco:” Nè il Consiglio Comunale, né quello della Regione Puglia potranno decretare sulla proprietà dell’immobile, ma la competenza rinviene ad altro organo titolato a dissipare la matassa.
Con la rateizzazione della forma di pagamento e con la certezza della proprietà del sopra suolo si spera di poter adottare gli atti conseguenziali per fare la gara pubblica ed affidare la gestione che porterà, di certo, notevoli vantaggi per il Comune di Vico del Gargano”. E’ il caso di una colorita espressione:” …Azz!”
Energicamente ed inutilmente le minoranze all’opposizione contrastavano la volontà distruttiva dell’Amministrazione. Tra questi il Consigliere dott. Scaramuzzo chiariva all’Amministrazione:”…risulta dal verbale, che il Comune stava acquistando un bene di sua proprietà dato in affitto, il tutto con grave danno patrimoniale per l’Ente”. Rispondeva il Consigliere  Angelo Fiorentino, storicamente erudito e fiabesco sulla vicenda Macchia di Mare, aggiungendo un particolare determinante di cui non vi era menzione nella precedente ricostruzione del Consiglio comunale:”…rammenta che nel 1980 il Comune ha chiesto alla Regione la cessione gratuita del sovrastante (sopra suolo) ed a tal fine, il Comune si impegnò alla manutenzione degli immobili; cosa questa mai fatta, per cui l’eventuale richiesta di pagamento dei canoni arretrati comporterebbe di certo, da parte della Regione, il ristoro delle somme derivanti dalla manutenzione degli immobili”.  Se non è follia questa non saprei come definirla.
E così sotto il terrore di dover pagare alla Regione Puglia i danni per l’omessa manutenzione sul bene di proprietà comunale (si chiama deperimento del bene), il Consiglio comunale, zeppo di “amministratori”, deliberava di accettare l’offerta di vendita della Regione, proponendo una più miserabile forma di rateizzazione del prezzo, in considerazione “delle esigue disponibilità di risorse finanziarie causate dallo stato di dissesto finanziario da cui il Comune è appena uscito”.
E’ tutta da ridere, anzi, da mazzate la conclusione della delibera:” …che trattasi di transazione di due enti pubblici il cui esclusivo interesse è la tutela della collettività”… Com’è possibile chiamare transazione un “regalo” alla Regione di quasi settecento milioni di lire, comprando un bene già proprio e già disponibile e dichiarando di favorire la collettività!
L’Azienda Macchia di Mare veniva annoverata dal Ministero all’Interno, con Decreto del 1993, tra le principali cause del dissesto finanziario. Infatti, il Ministero ne disponeva l’immediata chiusura: Ma ancora oggi, l’azienda Macchia di Mare, seppur inattiva e distrutta, rappresenta una fonte inesauribile di danno per il Comune, per l’immagine, per il decoro. Un pugno in faccia alla collettività.
Ci mette del suo il Vice-Sindaco, Michele Pupillo, che comunica di interventi di urgenza eseguiti su Macchia di Mare da due cooperative, inviate dall’Amministrazione. In effetti, prima dell’Ordinanza Cautelare del Tribunale, qualcuno era andato a trasformare gli alberi caduti in legna da ardere. Ovviamente lasciando sul posto rami e frattaglie per aggravare il pericolo di incendio.
La parte più folcloristica tocca all’arch. Elio Aimola, il quale a richiesta del Consigliere Angelo Fiorentino, affermava che le strutture smantellate per ottemperare all’ordinanza non potranno più essere ricostruite. E proponeva (sentite, sentite) una causa per danni contro il confinante. Più avanti spiegava che, trattandosi di zona sottoposta a vincoli vari, le cubature perse non potranno essere ricostruite. Successivamente in Giunta Comunale l’arch. Aimola risolverà diversamente il problema, con il miracolo che si vedrà in seguito.
L’argomento “Macchia di Mare” non è più tornato in Consiglio comunale, come dichiarato dal Sindaco Cannarozzi e il 14 dicembre del 2000 si riunisce la Giunta su:” Intervento di riqualificazione ambientale dell’ex campeggio Macchia di Mare”. Nell’atto si legge:”… Ricordato che la responsabilità dell’intero intervento è stata conferita al funzionario apicale dell’Ufficio Tecnico Comunale, arch. Elio Aimola, dato atto che l’intervento concerne la riqualificazione ambientale dell’ex Villaggio Macchia di Mare al fine di agevolare lo svolgimento di attività di pubblico interesse e favorire l’incremento dell’occupazione e di attivare gli investimenti comunitari, previsti dal P.I.S. e dai P.O.R; dato atto che l’opera, una volta realizzata, sarà gestita tramite concessione in gestione, oppure realizzata con la partecipazione di soggetti privati, condotta con specifica società appositamente prevista; rilevato che l’importo complessivo presunto necessario per il finanziamento dell’intervento risulta essere pari a Lire 4.000.000.000…DELIBERA “ di approvare il documento preliminare alla progettazione…”
Così nel totale silenzio, ignorando il Consiglio Comunale e tutti i cittadini, scordando le solenni promesse di trasparenza e luce del sole, proponevano alla Regione di dargli Macchia di Mare e davano l’incarico all’arch. Elio Aimola per redigere un progetto su quel suolo per una spesa di Lire 4.000.000.000. Forse, ma non lo sapremo mai, a premio del comportamento fedele e accomodante del tecnico apicale. Il quadro economico generale che accompagna il preliminare alla progettazione viene spalmato giudiziosamente per superare il dispositivo Europeo sul valore limite degli incarichi fiduciari. Pensate che la storia finisce qui? Vi sbagliate!
Il super-pagato tecnico apicale, improvvisamente cambia idea ed accetta l’incarico di ristrutturare a spese del Comune (appena uscito dal dissesto finanziario) il villaggio Macchia di Mare. Si legge nel documento preliminare:” …il complesso immobiliare è censito al N.C.T. di Vico del Gargano alla partita 855 in ditta Comune di Vico del Gargano ed individuato nelle particelle n……..della complessiva superficie di Ha 2.72.44; nel campeggio sono ubicati alcuni fabbricati quali risultano trascritti presso la Conservatoria dei RR.II. di Lucera a favore della Regione Puglia, ma non volturati, consistenti in…circa 69 unità immobiliari”. Ogni ragazzino dotato di media intelligenza si chiede come mai al Catasto Terreni sono trascritti in favore del Comune, mentre in Conservatoria a favore della Regione.
Ma la vera goduria arriva ora. Il tecnico comunale nella parte “esigenze-finalità-obiettivi” afferma:” …attualmente l’area è degradata ed esposta alla illegittima occupazione da parte dei confinanti, la presenza di una struttura funzionante oltre a costituire un opportuno deterrente all’utilizzo improprio della struttura da parte di tossicodipendenti ed extracomunitari”…C’é da chiedersi come mai nulla di ciò riferiva al Consiglio Comunale del 21.01.2000 e neppure nella sua di poco precedente relazione di sopralluogo. Ma le capriole del tecnico apicale non finiscono qui. Trattandosi di area sottoposta a vincoli urbanistici ed ambientali, alla voce impatto ambientale, afferma:” L’intervento non comporta  la valutazione di impatto ambientale, ai fini della relativa prescrizione nella fase di elaborazione del progetto, in quanto ripristino del preesistente. Diversamente aveva riferito al Consiglio Comunale del 21.01.2000:”…le costruzioni distrutte nell’esecuzione dell’Ordinanza Cautelare, non potevano essere ricostruite a causa dei vincoli paesaggistici.
Nella famosa Giunta, guidata con perizia e competenza dal tecnico, si riporta:” L’area oggetto dell’intervento è di proprietà dell’Amministrazione comunale, invece per i fabbricati l’Amministrazione dovrà procedere all’acquisizione degli immobili da parte della Regione Puglia, ai sensi dell’art.28 della L.R. 9/2000. Pertanto l’area sarà immediatamente disponibile allorquando la Regione Puglia trasferirà definitivamente la proprietà dei fabbricati al Comune di Vico del Gargano”. La Giunta riconosceva definitivamente la proprietà delle strutture in capo alla Regione Puglia e poi, seduta stante, dava l’incarico all’arch. Elio Aimola ed all’U.T.C. incarico di progettare per Lire 839.980.000, su immobili di proprietà della Regione. Ovvio che se la Regione non procederà al trasferimento per una qualsiasi ragione, l’Amministrazione comunale avrà regalato all’UTC e all’arch. Aimola, suo responsabile, danaro pubblico per un progetto irrealizzabile.
Nella successiva amministrazione Amicarelli, anno 2004, venne pubblicato un bando pubblico per Project Financing che non ebbe seguito e abortì subito, per scarsa o nessuna seria solidità economica.
Il calvario di questa proprietà non ha fine ed anche il nuovo Piano Urbanistico Generale, recentemente adottato in prima lettura dal Consiglio Comunale,  che avrebbe dovuto tenere in seria considerazione il recupero, la valorizzazione e le grandi potenzialità di Macchia di Mare, sembrano invece contratte e temute. Osservano i Consiglieri di opposizione nel loro documento:” Ciò che salta all’occhio è la disparità di trattamento rispetto ad altre strutture ricettive esistenti (che sono “private”).
Infatti, per la struttura pubblica “Macchia di Mare”, “sono ammessi solo interventi di riorganizzazione e riqualificazione territoriale tramite interventi urbanistici, prevedendo il recupero dell’esistente con tipologie a basso impatto sul territorio quali: strutture leggere, case mobili, piazzole, strutture removibili, mini-aree di sosta” con ricettività non superiore a 350 posti letto e, inoltre, “non sono ammesse premialità ai sensi dell’ art. 124 delle presenti NTA”.
Invece, per le strutture  esistenti (tutte “private”) “i fabbricati e le attività esistenti nel contesto alla data di adozione del PUG, sono confermati limitatamente al V e alla SUL impegnata a tale data. Per tali immobili sono ammessi esclusivamente gli interventi di integrazione di manufatti legittimamente esistenti per una volumetria aggiuntiva una tantum non superiore al 10% se destinata al miglioramento della dotazione di servizi e delle condizioni abitative”.
Del resto all’interno delle stesse NTA e, in particolare, all’art. 121, il Campeggio pubblico “Macchia di Mare” è comunque annoverato nella categoria delle strutture ricettive esistenti, insieme ai Campeggi “Villaggio Calenella” e “Baia Calenella”, di proprietà privata”
E’ facile dedurre che un villaggio tornato allo splendore e alla efficienza di un tempo crea problemi di concorrenza. Meglio lasciarlo allo stato di abbandono, alla sporcizia, all’immondizia e ai topi.
Cosi il sogno di tanti giovani, famiglie, disoccupati, le carriere politiche costruite sulle promesse di Macchia di Mare, tanti voti di scambio, sono e restano il capitolo più squallido di una classe di “amministratori” da quattro soldi.
Dovremo richiamare in servizio quel Tonino Basile, foggiano, dirigente della Associazione Generale delle Cooperative Italiana, per continuare a sognare un villaggio pieno, accogliente, decoroso, con la sua spiaggia, il suo mare e le sue notti indimenticabili.
Michele Angelicchio