Assolto dall’accusa di essere il «proprietario» dell’arsenale della malavita scoperto dalla Polizia il 20 giugno del 2015, è tornato libero dopo oltre due anni e mezzo di detenzione tra domiciliari e carcere Marco Raduano, 33 anni, viestano. Già considerato luogotenente di Angelo Notarangelo – l’allevatore di 37 anni soprannominato «Cintaridd» e presunto boss dell’omonimo clan, ucciso il 26 gennaio del 2015 – Raduano è considerato uno degli emergenti della malavita viestana, cittadina dove dal gennaio 2015 ad oggi ci cono stati 5 omicidi (gli ultimi due il 16 e 27 gennaio scorso) e 2 tentativi d’omicidio: alcune delle vittime erano ritenute vicine proprio a Raduano che si dice innocente e respinge le accuse. La sentenza che ha assolto il giovane garganico restituendogli la libertà e ribaltando il verdetto di condanna a 6 anni di primo grado, è stata pronunciata dai giudici della corte d’appello di Bari. I magistrati nell’assolvere Raduano hanno invece confermato la condanna a 5 anni di Matieo Dies, 44 anni, ex vigilante, nella cui disponibilità furono trovati fucili, pistole e munizioni. In primo grado – sentenza del 26 febbraio 2016 del Tribunale di Foggia – a Raduano furono inflitti 6 anni, sul presupposto che avesse affidato all’insospettabile guardia giurata la custodia di fucili e pistole. n sostituto procuratore generale chiedeva la conferma gel verdetto di primo grado; gli avvocati Francesco Santangelo e Giancarlo Chiariello sollecitavano l’assoluzione di Raduano; l’avv. Paolo D’Ambrosio la riduzione della pena per Dies che aveva ammesso da tempo l’evidenza dei fatti e che nel corso delle indagini preliminari aveva inutilmente chiesto di patteggiare condanne: la proposta iniziale era stata di 2 anni e 6 mesi, quella finale di 3 anni e 6 mesi, ma la Procura aveva ritenuto le pene troppo basse. Agenti del commissariato di Manfredonia, colleghi della squadra mobile di Foggia e del Reparto prevenzione crimine di Bari il 20 giugno del 2015 perquisirono un appartamento di via Dante a Vieste in uso a Matteo Dies, insospettabile: in casa e nel garage furono rinvenuti 6 fucili, l carabina, 5 pistole e revolver (alcune erano armi-giocattolo modificate) e munizioni per mitra Kalashnikov: si ipotizzò che qualcuna di quelle armi fosse stata usata per gli agguati avvenuti nei mesi precedenti (due omicidi, tra cui quello di Notarangelo, e un ferimento, ma le comparazioni balistiche lo esclusero). Quaranta giorni dopo il maxi-sequestro d’armi, il primo agosto 2015, la Polizia arrestò Raduano posto ai domiciliari su ordinanza del gip del Tribunale di Foggia per concorso con Dies in detenzione illegale di armi e munizioni: per aver poi violato gli obblighi dei domiciliari, Raduano finì in cella 1’8 ottobre 2015 dov’è rimasto sino alla sentenza emessa lunedì pomeriggio della corte d’appello di Bari. Contro Raduano ci sono due elementi: una sua impronta digitale che sarebbe stata rinvenuta su uno dei fucili sequestrati; e le iniziali dichiarazioni rese da Dies quando sostenne di custodire armi e munizioni per conto del concittadino e coimputato. Raduano ha sempre respinto le accuse: non sa nulla di quelle armi non le ha mai toccate. Nel processo di primo grado celebratosi a Foggia, Dies si avvalse della facoltà di non rispondere alle domande di pm e difensori in quanto coimputato. Il che significa che le dichiarazioni rese durante le indagini preliminari a carico di Raduano non potevano essere utilizzate per essersi sottratto al controinterrogatorio della difesa, a meno che non si dimostri che il silenzio del coimputato sia conseguenza di minacce subite e/o di promesse di «utilità». I giudici foggiani accolsero la richiesta del pm di acquisire comunque le primi dichiarazioni di Dies ed anche sulla scorta di quella chiamata in correità inflissero 6 anni a Raduano e 5 anni all’ex vigilante. Nel processo a Bari gli avv. Santangelo e Chiariello hanno ribadito quanto sostenuto nelle arringhe di primo grado e nei motivi d’appello contro la condanna a 6 anni: non c’è alcuna prova che Dies fosse stato minacciato e/o gli fossero state promesse «utilità» in cambio del suo silenzio al processo a Foggia, per cui le dichiarazioni accusatorie iniziali contro Raduano non potevano e non dovevano essere valutate, anche perché rese peraltro in una fase in cui non era assistito da un difensore pur essendo indagato. Quanto poi all’impronta del garganico su uno dei fucili sequestrati, i difensori hanno contestato sia le modalità sia gli esiti di quell’accertamento; Le motivazioni della sentenza d’appello che ha assolto e scarcerato Raduano saranno depositate nei prossimi mesi.
Negli altri processi è imputato a piede libero per rapina e droga.
Marco Raduano, il trentatrenne ora assolto in appello dall’accusa di detenere un arsenale con conseguente scarcerazione, è in attesa di giudizio per altre due vicende, per le quali è imputato a piede libero. Tra qualche settimana si svolgerà davanti al gup del Tribunale di Larino l’udienza preliminare a suo carico e di altri due garganici (un terzo coinvolto nell’inchiesta è stato ammazzato a Vieste qualche mese fa) accusati di una rapina ad un furgone carico di 900 chili di sigarette per un valore di 200mila euro, avvenuta vicino Termoli il 16 giugno del 2015. Il conducente del mezzo fu fermato all’uscita dal deposito e sequestrato, mentre alcuni banditi incappucciati ed armati trasferivano il carico su un altro furgone per poi scappare: l’ostaggio fu rinvenuto- qualche ora dopo nelle campagne di Chieuti e il carico di sigarette fu recuperato il giorno dopo in un casolare abbandonato nelle campagne di Orta Nova. Per questa vicenda il gip di Larino emise 4 ordinanze cautelari nei confronti di altrettanti viestani, tra cui Raduano, arrestati dai carabinieri il 18 agosto del 2015: il Tribunale della libertà di Campobasso accolse il ricorso dell’avvocato Francesco Santangelo basato sull’insufficienza d’indizi, scarcerando Raduano che però rimase detenuto perché accusato di armi per l’arsenale scoperto a Vieste nel giugno precedente. Raduano è inoltre in attesa di giudizio davanti al Tribunale di Foggia per un imputazione di droga, vicenda per la quale gli fu notificata in carcere dai carabinieri il 30 gennaio 2016 un’ordinanza di custodia cautelare del gip e per la quale successivamente aveva ottenuto la scarcerazione virtuale, rimanendo comunque detenuto per il processo per armi. Nel processo in corso il pm chiede la condanna di 6 anni di Raduano sul presupposto che mentre era detenuto nell’estate/autunno 2015, avrebbe incaricato alcuni familiari di spostare mezzo chilo di cocaina nascosto in una botola: droga rinvenuta dai carabinieri il 12 settembre del 2015. La difesa ne chiede l’assoluzione.
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