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Edilizia/ Nuovo regolamento in ansia i Comuni pugliesi.

Entro i prossimi sei mesi i 258 Comuni pugliesi dovranno procedere ad approvare il re­golamento edilizio tipo, una delle semplificazioni volute dal governo Renzi per rendere omogenei in tutta Italia i principi dell’attività edificatoria. Ma la delibera con cui la giunta regionale; la scorsa set­timana, ha provveduto a recepire il regolamento approvato a ottobre 2016 rischia di creare un nuovo stop ai cantieri: dal giorno della pubblica­zione sul Bollettino ufficiale (non an­cora avvenuta) tutte le domande non ancora rilasciate dovranno essere valutate sulla base delle nuove definizioni. Che in alcuni casi cambia­no in maniera rilevante le carte in tavola. Il problema è duplice: tecnico, ma anche politico. Perché – prima della delibera firmata dall’assessore all’Urbanistica, Annamaria Curcu­ruto – quattro consiglieri regionali di maggioranza (Amati, Mazzarano, Pentassuglia e Longo) avevano presentato una proposta di legge che oltre a recepire il regolamento puntava a normare il regime transitorio. Facendo salve, ap­punto, tutte le domande già presentate fino all’approvazione definitiva del regolamento da parte del Consiglio comunale. La delibera della Curcuruto stabilisce invece «che gli interventi edilizi muniti di titolo edilizio efficace alla data di pubblicazione della presente deliberazione potranno comunque essere realizzati in con­formità al titolo medesimo», ma avverte che «le definizioni uniformi e le disposizioni sovraordinate in materia edilizia trovano diretta applicazione, pre­valendo sulle disposizioni comunali con esse in­compatibili». Per esempio, nel nuovo regolamento edilizio è stabilito che nel calcolo della volumetria rientrano anche le superfici dei piani interrati. La gran parte dei regolamenti edilizi vigenti in Puglia, invece, escludono gli interrati, in alcuni casi anche i vani scale e persino i piani terra se destinati a parcheggio auto. Stesso discorso sulle distanze, su cui l’anarchia oggi è totale. Va detto chiaramente che l’armonizzazione delle definizioni è un passaggio sacrosanto, perché oggi tra Comune e Comune ci sono regole diverse che fanno impazzire i tecnici ma anche le aziende e chi compra casa. E va detto che il lavoro ministeriale preparatorio sulle definizioni è durato 20 mesi, a testimonianza della sua delicatezza. Il passaggio, però, sarà molto duro. «Andava definito un regime intertemporale – at­tacca Enzo Colonna, capogruppo di Noi a Sinistra -. Cosa accadrà ora a chi ha depositato la richiesta di un permesso di co­struire se il regolamento vigente ha una difformità rispetto a quello tipo? Si introduce una ghigliottina che fi­nisce per penalizzare il settore». La proposta di legge Amati, quella che prevedeva la fase transitoria, ha avu­to un referto tecnico negativo dagli uffici in quanto il recepimento del regolamento edilizio è una compe­tenza di giunta. «Ma questo – dice Colonna – non ci impedirà di pre­sentare una nuova proposta per nor­mare il transitorio». L’assessore Curcuruto, con trent’anni di esperienza come direttore dell’Urbanistica a Bari, ha una posizione diversa. «Non avevamo margini di ma­novra, e del resto altre Regioni hanno adottato prov­vedimenti uguali al nostro. Non esiste una fase tran­sitoria. Il permesso rilasciato va considerato effi­cace, ma per il resto non potevamo comportarci in modo diverso. Quello dei volumi è un falso, problema perché tutta la nuova pianificazione urbanistica uti­lizza le superfici: i Comuni possono eliminare il volume modificando le Norme tecniche, oppure po­tranno semplicemente procedere al ricalcolo in base alle nuove definizioni. Per modificare i piani di lottizzazione basterà una delibera di giunta». Quello recepito dalla Regione è un regolamento tipo, nel senso che si tratta di uno scheletro: fatte salve le definizioni e i riferimenti di legge, ciascun Comune dovrà poi riempirlo di contenuti. Pur cambiando le definizioni, non sarà necessario modificare le quan­tità contenute nei piani regolatori. Il vero problema è che i sei mesi previsti per adeguarsi potrebbero non bastare, soprattutto nei centri più piccoli.

Massimiliano Scagliarini
Gazzetta mezzogiorno

 

 

 

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