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28 clan e 17 morti ammazzati . Roberti: mafia sottovalutata. I dati della mattanza della mala garganica. L’analisi del procuratore nazionale antimafia

Almeno 28 clan censiti e 17 morti ammazzati dall’inizio dell’anno (oltre a due lupare bianche). è questo l’identikit della mafia foggiana che ieri ha segnato un record storico: 4 morti ammazzati, un triste primato che riporta le lancette indietro al 1986 con la strage del Bacardi, a Foggia.
La mafia foggia deve controbattere non a una mafia piramidale ma alle mafie: da quella garganica, sempre più sanguinaria (solo di qualche giorno fa l’assassinio in pieno giorno in un ristorante di Vieste affollato di turisti) a quella cerignolana specializzata in assalti a portavalori, tir e caveau. alla «società» foggiana, tutta racket e droga, a quella che spadroneggia nell’alto Tavoliere seminando terrore e morti a San Severo, Torremaggiore ed Apricena.

«La criminalità pugliese e in particolare questa efferatissima forma di criminalità foggiana, è stata considerata troppo a lungo una ‘mafia di serie B’». Lo ha detto il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti alla trasmissione ‘6 su Radio 1’ della Rai per commentare l’agguato di ieri nelle campagne di San Marco in Lamis nel foggiano in cui è stato ucciso un boss mafioso e altre tre persone. Roberti ha detto che le faide tra clan vanno avanti da 30 anni, ci sono stati 300 omicidi, e l’80% è rimasto impunito.
Per tutta la notte sono state ascoltate persone e compiute perquisizioni nell’ambito delle indagini dei carabinieri del Comando provinciale di Foggia. I militari nella notte hanno ascoltato una decina di persone tra amici e parenti delle vittime, ma finora – a quanto si è appreso – non è stato possibile trarre nessun elemento utile per le indagini. Stesso risultato alla fine delle perquisizioni effettuate, più di una decina.
Per quanto riguarda la scena del delitto, prima di poter mettere un punto fermo sulla ricostruzione effettuata dagli investigatori, sarà necessario attendere la comparazione balistica che verrà effettuata dal Ris, che dovrà stabilire con certezza se, ad esempio a sparare contro il Fiorino e, quindi contro i due contadini, siano state le stesse armi che hanno fatto fuoco ed ucciso Romito e il cognato. Diverse decine le cartucce repertate che sono state sparate da un fucile d’assalto AK 47 Kalashnikov e da un fucile da caccia calibro 12. L’auto dei killer è stata ritrovata bruciata dopo l’agguato.

Le indagini, a detta dei militari, al momento non hanno una pista privilegiata. Non viene, cioè, tralasciata alcuna pista e alcuna ipotesi. Da verificare la circostanza che il boss Romito si trovasse lì per un appuntamento o se la sua presenza sia stata del tutto casuale. Cosìsi sta verificando ogni particolare della vita dei due contadini, anche se al momento emerge che sarebbero del tutto estranei alla vicenda. Non è improbabile che gli omicidi di ieri si possano comunque collegare ad una vendetta per quanto accaduto circa un mese fa, proprio alla periferia di Apricena, con l’uccisione di due persone o che l’agguato possa essere inserito in un contesto più ampio di guerra per la conquista del territorio per la droga proveniente dall’Albania, un ‘business’ che fa gola a vari gruppi della malavita locale e che potrebbe aver scatenato una vera e propria guerra.