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Xylella, le bugie sull’olio. Sindacati e imprenditori: la malattia non influisce sulla qualità.Il volano dell’extravergine potrebbe bloccarsi e in alcune aree regionali sarebbe a rischio la tenuta sociale.

Siccità e disseccamento da Xylella fastidiosa, la batteriosi kil­ler degli ulivi, generano una mi­scela pericolosa per la Puglia dei campi. La patologia rischia di bloccare uno dei principali volani economici mettendo in forse la te­nuta sociale di vaste aree. «L’an­damento della produzione di olive e olio risentirà in maniera dram­matica del combinato disposto tra gli effetti della siccità e il disseccamento degli ulivi da Xylella», avverte il presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele. Le stime della confederazione per la pros­sima annata sono disastrose: vie­ne ipotizzato un crollo della pro­duzione fino al 60%, per non par­lare delle aree in cui gli alberi sono del tutto secchi e la perdita delle olive sarà del 100%. Numeri che «fotografano l’esatta condizione degli olivicoltori delle province di Lecce, Brindisi e Taranto in grave crisi di liquidità, senza un reddito certo da 3 anni». La Coldiretti, per la siccità, sti­ma «un danno alla produzione oli­vicola in tutta la Puglia pari già al 40% e una perdita secca di 270 milioni di euro. «Un danno enor­me se si pensa che nella regione la superficie coltivata ad ulivo è pari a 380mila ettari, con una produ­zione di 11 milioni di quintali di olive e 2,5 milioni di olio, con un’incidenza della produzione oli­vicola regionale su quella nazio­nale pari al 36,6% e al 12% di quel­la mondiale».
Donato Rossi, presidente di Confagricoltura Puglia e produt­tore olivicolo e oleario di Canosa, nella Bat, in modo categorico esclude ogni effetto della Xylella sulla qualità dell’olio. «Sostenere una correlazione equivale a una totale inesattezza in quanto le qua­lità organolettiche dell’olio resta­no inalterate nel caso in cui l’ulivo si ammali». Sull’eventualità che la ­patologia arrivi nel Nord Barese e nella Bat, zone di assoluta voca­zione e eccellenza olearia, Rossi afferma: «Probabilmente molto tempo si è perso per arginare l’avanzata del magma batteriologico che continua a travolgere mi­gliaia di alberi con una progres­sione di 40 chilometri l’anno. Ora – avverte – bisognerebbe mettere in atto le misure contenute nei piani Silletti. C’è il rischio che il sistema; vada verso l’irreversibilità poiché quello che è avvenuto in alcune aree – si pensi ai territori di Gal­lipoli, Maglie e Oria – potrebbe verificarsi nel resto della Puglia. In questa malaugurata ipotesi sa­remmo di fronte alla condanna economica e paesaggistica dell’in­tera regione e al blocco di uno dei settori trainanti dell’agricoltura pugliese». L’analisi di Tommaso Battista e Alfonso Guerra, rispettiva­mente presidente e direttore della Copagri di Puglia, affronta la ri­presa dei monitoraggi da parte dell’ Arif: «Abbiamo appreso dagli organi di stampa che in queste settimane l’Arif ha intensificato i controlli sulle piante nelle zone di contenimento e nella zona cusci­netto. Nei prossimi giorni cono­sceremo gli esiti, ma se è vero che il batterio avanza di 40 km all’an­no, è ipotizzabile che la sua pre­senza possa essere riscontrata nel­le predette zone. Confermiamo, comunque, che la Xylella non ha nessuna rilevanza sulla qualità dell’olio di oliva. La patologia è una minaccia per le piante e non per la salubrità dell’olio di oliva pugliese, come hanno ribadito tut­ti gli esperti e gli scienziati in­terpellati in questi anni. Copagri – ricordano Battista e Guerra – ha chiesto più volte di avviare un pia­no organico di interventi che con­senta il rilancio delle aree olivicole colpite dalla Xylella per su­perare l’emergenza. Partiamo dal­le risorse disponibili per le im­prese che oggi ammontano a oltre 53 milioni di euro. Il Psr (piano di sviluppo rurale, ndr) fatica a de­collare». Una forte esortazione a seguire le indicazioni della scienza uffi­ciale viene da Stefano Caroli, presidente dei frantoiani pugliesi (A.f.p.). «Bisogna dare credito alla scienza uffìciale. Abbiamo assistito – dice – a manifestazioni di ambientalisti che chiedono che le direttive comunitarie indicate dagli scienziati vengano ignorate. Questo è incomprensibile: ognuno deve fare il proprio mestiere». Poi Caroli mette sotto la lente la politica: «La Regione dovrebbe trovare il modo per sostenere la categoria. I più penalizzati, è ricordarlo, sono i frantoiani». Nel territorio di Fasano si vive con la paura di nuovi focolai di individuare nuovi focolai della batteriosi. Ostuni, città in cui è stato scoperto un ulivo infetto, è a un tiro di schioppo. Ma Floriana Fanizza, imprenditrice olivicola di Spezia­le (frazione di Fasano), rileva altri rischi: «La penuria di olio pugliese può far crescere ancora le impor­tazioni. L’extravergine di oliva re­gionale è sotto continui attacchi da parte degli agropirati senza scrupoli che “drogano” il mercato di qualità, con un inevitabile dan­no per territorio, imprese e con­sumatori. Più di due bottiglie su tre riempite in Italia – ricorda – contengono olio di oliva straniero, ma i consumatori non lo sanno». Il timore che la patologia ap­prodi fra gli uliveti del Nord Ba­rese e della Bat è forte: l’olivicoltura e la produzione olearia rappresentano per le due aree uno dei volani economici più attivi e pe­santi in termini di Pil. E le cifre snocciolate da Elia Pellegrino, imprenditore olivicolo-oleario di Andria e amministratore dell’azienda «Pellegrino», lo con­fermano. «Prima d’ogni cosa, ri­tengo doveroso sottolineare che nella fascia di circa 80 chilometri fra Bari e Foggia si ricava oltre un quarto dell’intera produzione na­zionale», afferma l’imprenditore, che aggiunge: «L’andamento pro­gressivo della Xylella Fastidiosa verso Nord è una costante da quando il problema si è eviden­ziato. Ora come prima, gli ope­ratori della filiera olivicolo-olea­ria del Nord Barese lamentano la perdurante stasi degli organi isti­tuzionali preposti, pur continuan­do a supportare i colleghi del Sa­lento con una forte voce e un ac­corato appello affinché si faccia di più, meglio e quanto prima. Con grande timore osserviamo la sa­lita del fenomeno oramai alle por­te della provincia di Bari. Il Pil di alcuni grossi centri della sesta provincia è addirittura per il 54 % di origine olivicolo-olearia. il ve­nir meno, seppur parzialmente, di una fonte di reddito co­me l’olivicoltura, cree­rebbe – conclude – un forte disagio socio-economico». E c’è chi, come An­drea Cantore, produt­tore oleario e rappre­sentante, legale dell’«Agrigioia» di Gioia del Colle, una quarantina di chilo­metri a Sud di Bari, – con rammarico sotto­linea che «negli anni – scorsi si sarebbero do­vute compiere in maniera costante le buo­ne pratiche che assicu­rano agli ulivi un’ade­guata condizione di crescita. Le operazioni quantome­no avrebbero potuto frenare la dif­fusione della batteriosi». Cantore non esclude – affatto che la patologia possa dare scacco matto all’intera Puglia: «Nessuno si deve ritenere indenne. Ecco perché – come ho detto – è necessario ese­guire potature, arature e dintorni».

Marco Mangano

 

 

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