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ColdirettiPuglia/ Occhio ai prodotti ittici sulle tavole natalizie, otto su dieci sono di origine straniera

In forte crescita in Puglia la domanda dei molluschi, dai pol­pi (+19%) alle seppie (+12%) fino alle vongole (+27%), un fenomeno che si spiega soprat­tutto con gli effetti del cambia­mento degli stili di vita e la nuo­va tendenza da parte dei con­sumatori a preferire tipologie di pescato più facile da utiliz­zare in cucina, meglio se privo di spine o comunque semplice da pulire.

E’ l’analisi di Coldi­retti Puglia, condotta in occa­sione delle festività natalizie che sono partite ufficialmente l’8 dicembre con la festività dell’Immacolata. “Quasi 8 pesci su 10 con­sumati sono stranieri spes­so senza che i consumatori lo sappiano, soprattutto a cau­sa della mancanza dell’obbligo dell’indicazione di origi­ne sui piatti consumati al ris­torante che consente di spacc­iare per nostrani prodotti pro­venienti dall’estero che han­no meno garanzie rispetto a quello Made in Italy.

Per ques­to abbiamo attivato nei Merca­ti di Campagna Amica coperti di Foggia e Brindisi campagne di informazione per far conoscere caratteristiche, qualità ed aiutare a fare scelte di acquis­to consapevoli”, spiega Savino Muraglia, presidente di Coldi­retti Puglia.

Nei mari italiani si pescano ogni anno circa 180 milioni di chili di pesce cui van­no aggiunti gli oltre 140 milioni di kg prodotti in acquacoltu­ra – spiega Coldiretti Impresapesca – mentre le importazi­oni dall’estero hanno ormai su­perato il miliardo di chili, sec­ondo un’analisi su dati Istat relativi al 2018.

Una situazi­one che lascia spazio agli in­ganni dal pangasio del Mekong venduto come cernia al filetto di brosme spacciato per bac­calà, fino all’halibut o la lenguata senegalese commercial­izzati come sogliola. Una frode in agguato sui banchi di ven­dita in Italia e soprattutto nel­la ristorazione dove non è ob­bligatorio indicare la prove­nienza.

Tra i trucchi nel piatto più diffusi in Italia ci sono an­che – continua la Coldiretti Impresapesca – il polpo del Viet­nam spacciato per nostrano, lo squalo smeriglio venduto come pesce spada, il pesce ghiaccio al posto del bianchetto, il pagro invece del dentice rosa o le von­gole turche e i gamberetti tar­gati Cina, Argentina o Vietnam, dove peraltro è permesso un trattamento con antibiotici che in Europa sono vietatissime in quanto pericolosi per la salute.

Un rischio confermato dai dati del Rassf, il sistema eu­ropeo di allerta rapido che, su un totale di 399 allarmi al­imentari segnalati nel 2018 nel nostro Paese, ha visto ben 154 casi riguardare proprio il pesce (101) e i molluschi bi­valvi (53), ovvero circa il 40% del totale secondo un’analisi Coldiretti.

In testa alla black list ci sono le importazioni dal­la Spagna – denuncia Coldiret­ti – da cui sono arrivati ben 51 allarmi, dal pesce con presen­za eccessiva di metalli pesan­ti come il mercurio o contami­nato con il parassita Anisakis ai molluschi infettati da escherichia coli e Salmonella, fino al cadmio nei cefalopodi come seppie e calamari.

Al secondo posto si piazzano gli arrivi dal­la Francia con 39 casi, di cui ben 26 riguardanti la presen­za del batterio Norovirus nelle ostriche, ma anche dell’Anisakis nel pesce e dei crostaci con solfiti, mentre al terzo c’è l’Olanda, anche qui con pesce all’Anisakis e Norovirus sui molluschi. E intanto la flotta peschereccia pugliese, denun­cia Coldiretti, ha perso oltre 1/3 delle imprese e 18.000 pos­ti di lavoro, con un contestuale aumento delle importazioni dal 27% al 33%.

Di assoluto rilievo i numeri del settore in Puglia, segna­la Coldiretti, il cui valore eco­nomico è pari all’1% del PIL pugliese e arriva fino al 3,5% se si considera l’intero indot­to, conta 1500 imbarcazioni, 5000 addetti, 10 impianti di ac­quacoltura e mitilicoltura. Le aree vocate sono prioritaria­mente Manfredonia, Moiet­ta, sud Barese, Salento, dove il pescato più importante è costi­tuito da gamberi, scampi, mer­luzzi.

Una crisi quella del set­tore ittico, che si trascina da 30 anni – rileva Coldiretti Puglia – in un mercato, quello del con­sumo del pesce, che aumenta, ma sempre più in mano alle im­portazioni. La produzione itti­ca derivante dall’attività della pesca è da anni in calo e quella dell’acquacoltura resta stabile, non riuscendo a compensare i vuoti di mercato creati dell’at­tività tradizionale di cattura.

Una rinascita che passa per il mercato e sulla quale Coldiret­ti sta cercando di impegnarsi a fondo, facendo partire inizia­tive nei Mercati di Campagna Amica che hanno come obietti­vo la vendita diretta, la sempli­ficazione e la tracciabilità. Il consiglio di Coldiretti Impresapesca è di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dal­le Gsa 9 (Mar Ligure e Tirre­no), 10 (Tirreno centro merid­ionale), 11 (mari di Sardeg­na), 16 (coste meridionali del­la Sicilia), 17 (Adriatico set­tentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occiden­tale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).

Per quanto riguar­da il pesce congelato c’è l’obbli­go di indicare la data di conge­lamento e nel caso di prodotti ittici congelati prima della ven­dita e successivamente vendu­ti decongelati, la denominazi­one dell’alimento è accompag­nata dalla designazione “de­congelato”.