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1 Febbraio/ TAGLIATO A METÀ

Zeus, volendo castigare l’uomo senza distruggerlo, lo tagliò in due. Da al­lora ciascun uomo è il simbolo di un uomo, la metà che cerca l’altra metà, ossia il simbolo corrispondente.

PLATONE

Nell’antica Grecia si era soliti tagliare in due un anello, una mone­ta, un bracciale o un oggetto prezioso e dame una metà a un amico o una persona cara: queste metà, conservate dai due soggetti, permet­tevano ai discendenti di riconoscersi come legati da una sorta di vin­colo generazionale. È da questo uso che il grande filosofo greco Pla­tone (427-347 a.C.), nella sua opera Simposio, parte per sviluppare una riflessione sull’uomo e sulla frattura profonda che è alla sua ori­gine.

Egli è un essere incompleto, tagliato a metà, ed è per questo che avverte fortemente la necessità della ricerca dell’altra metà per­duta. Nasce da qui l’urgenza della relazione col proprio simile, anzi, come si è soliti dire, dell’incontro con l’anima gemella.

Platone usa il termine «simbolo» per indicare questa situazione della creatura umana. Il vocabolo nella sua etimologia greca significa «mettere insieme» ciò che è separato e quindi suppone proprio la ri­cerca di quella metà mancante per ritrovare l’unità smarrita.

In tutta la nostra esistenza diamo valori «simbolici» alle cose, cioè le riman­diamo a un’altra dimensione più alta per scoprire alla fine l’armonia che è andata perduta. Naturalmente con tutte le distanze e diversità, potremmo dire che analogo è il discorso cristiano sul «peccato d’originale»: è una frattura che crea disarmonia tra uomo e Dio, tra uomo e il prossimo, tra uomo e mondo.

Siamo insoddisfatti perché profondamente feriti, con la libertà squassata, con l’illusione di «essere come Dio», ritrovandoci invece imperfetti e peccatori. Ecco, allora, la neces­sità di ricucire lo strappo con Dio, con gli altri e col creato, e la grazia divina ci sostiene in questa rinascita a creature nuove e unitarie.

Gianfranco Ravasi