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1 marzo/ IL FANGO E LE STELLE

Siamo tutti nati nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle.

OSCAR WILDE

Essere capaci di coniare frasi fulminanti, aforismi sapienziali ma anche battute mordaci è un’arte che non tutti sanno esercitare. In questo genere eccelleva lo scrittore inglese ottocentesco Oscar Wilde, soprattutto per colpire la società del suo tempo, ma talvolta – co­me in questo caso – per provocare una riflessione alta e spirituale. Non è solo la Bibbia a rappresentare la creazione dell’uomo come un impasto di fango, una sorta di opera da vasaio: «Il Signore Dio pla­smò l’uomo con polvere del suolo…» (Genesi 2,7). Bisogna ricono­scere che, nonostante l’alito divino che scorre in noi e ci rende non solo viventi ma anche coscienti, molti vogliono rimanere solo fango, materia bruta, carne stolida e pesante.

Eppure l’uomo è una creatura che può puntare verso le stelle e non solo perché è in posizione eretta e dominante o perché – come ha fatto – può avventurarsi negli spazi celesti. Egli è destinato a varcare il suo perimetro, a cercare l’infinito, a trascendere il tempo per penetrare nell’eterno, a incontrare il mistero di Dio dalle cui mani è uscito, a dialogare con lui. «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza» ci ammoniva Dante (Inferno XXVI, 119-120). Cerchiamo, allora, nel nostro chinarci quotidiano sulle co­se, opera pur necessaria per creature materiali come siamo, di levare qualche volta di più il capo, cioè la mente, il cuore, lo spirito verso le stelle. Perché «a sua immagine Dio creò l’uomo» (Genesi 1,27). E co­me affermava il teorico politico francese Georges Sorel (1847-1922) nelle sue Riflessioni sulla violenza, «quel che v’è di migliore nella co­scienza moderna è il tormento dell’infinito».

Gianfranco Ravasi