Condannati a 14 anni e 6 mesi di reclusione a testa i cugini di Vieste Giovanni e Claudio Iannoli di 34 e 44 anni, riconosciuti colpevoli in primo grado del tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla mafiosità del presunto capo clan rivale Marco Raduano di 37 anni.
Rimase ferito la sera del 21 marzo 2018 dai . colpi di arma da fuoco esplosi da tre killer appostati sotto casa; agguato collegato alla guerra di mala con il clan rivale (capeggiato da Girolamo Perna assassinato il 26 aprile 2019: ha sempre negato d’essere al vertice della batteria malavitosa), che a Vieste dal gennaio 2015 all’autunno scorso ha contato 10 omicidi, 1 lupara bianca e 6 agguati falliti.
La sentenza del processo «Scacco al re» è stata pronunciata dal gup di Bari Luigia Lambriola al termine del giudizio abbreviato, che ha comportato lo sconto di un terzo della pena. Il processo si è celebrato perché i due imputati sono detenuti: hanno assistito all’udienza in videoconferenza dalle carceri dove sono rinchiusi.
Furono arrestati il 3 giugno 2019 da squadra mobile e carabinieri su ordinanze del gip di Bari chieste dalla Dda, che vennero notificate in cella perché erano entrambi già detenuti per droga. Il pm Ettore Cardinali lo scorso 15 novembre aveva chiesto la condanna dei due cugini a 18 anni a testa.
Giovanni Iannoli dopo la requisitoria del pm, in una lettera scritta dal carcere e in dichiarazioni spontanee rese in aula ha confessato: ha però detto d’aver agito in compagnia del solo compaesano Gianmarco Pecorelli (morto ammazzato il 19 giugno del 2018 nell’ambito della guerra di mala viestana); e non anche del cugino Claudio Iannoli.
Nell’ammettere il tentativo di omicidio, inoltre, Giovanni Iannoli ha escluso che volesse uccidere Raduano per rivalità legate alla leadership nei traffici di droga come ipotizza l’accusa, dicendo d’averlo fatto per vendicarsi di un presunto pestaggio subito da Raduano e Perna tempo prima. L’avv. Michele Arena chiedeva per Giovanni Iannoli la condanna al minimo della pena e l’esclusione dell’aggravante della mafiosità. L’avv. Salvatore Vescera sollecitava l’assoluzione per Claudio Iannoli.
I due imputati sono ritenuti al vertice dell’ex clan Perna rivale del gruppo Raduano. Quest’ultimo (detenuto a sua volta dall’agosto 2018 per droga) fu affrontato e ferito a braccia e gambe a colpi di mitra e fucile mentre rincasava: riuscì a rifugiarsi a casa di un familiare e si salvò. Secondo l’accusa che poggia essenzialmente su intercettazioni, a sparare con mitra e fucile furono i due cugini Iannoli e Gianmarco Pecorelli, che sarebbe stato poi ucciso da sicari ignoti di lì a tre mesi.
L’agguato fu deciso «per agevolare la compagine criminale facente capo a Girolamo Perna» dice la Dda nel contestare l’aggravante della mafiosità «nell’ambito della violenta guerra di mafia intercorsa con la fazione contrapposta facente capo a Raduano, e mirante ad acquisire il controllo criminale del territorio viestano e l’assunzione del monopolio nella gestione e commercio degli stupefacenti e delle altre attività illecite così da acquisire risorse necessarie per garantire la sussistenza e l’espansione del clan». Perna era indagato a sua volta quale mandante del ferimento Raduano, accuse venute meno dopo la sua morte violenta.
L’agguato fallito a Raduano segnò la fine della tregua tra i clan rivali che durava dal luglio 2017: al tentato omicidio del presunto boss seguirono infatti tra aprile e giugno 2018 tre agguati con altrettanti morti ammazzati (tra cui come detto Pecorelli sospettato del ferimento Raduano) e due scampati su entrambi i fronti in guerra.
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