Vieste, non solo mare negli insediamenti dell’antica Uria un tuffo nella storia. Un ricchissimo patrimonio finora poco conosciuto che va dalla necropoli della Salata all’isolotto di Sant’Eufemia
Vieste è la capitale pugliese del turismo. Negli scorsi anni ha raggiunto il record di due milioni di presenze. Quest’anno è ancora un’incognita. Ma per Vieste come per altre località turistiche della Puglia è giunto il momento per ripensare anche la propria offerta, articolandola e valorizzando il patrimonio culturale. Un percorso, in verità, intrapreso da Vieste già da alcuni anni, grazie alla sensibilità degli attuali amministratori della città. La maggior parte dei turisti, infatti, forse ignora che Vieste è anche una realtà archeologica di straordinario interesse.
È per questo che proprio da Vieste, l’antica città di Uria, parta il viaggio che propongo nei siti archeologici pugliesi, anche quelli meni noti e quindi ancor più capaci di suscitare sorpresa. In un’estate italiana dominata dall’emergenza sanitaria ci sarà finalmente l’occasione per molti viaggiatori, innanzitutto gli stessi pugliesi, di scoprire pezzi di storia sconosciuti. Che il Gargano sia uno dei territori più ricchi di presenze archeologi- che preistoriche è forse noto a tutti.
Ma che a Vieste sia stata scoperta e a lungo indagata da un’équipe dell’Università di Siena, una miniera di selce, cioè quel tipo di pietra durissima e tagliente fondamentale per la realizzazione di armi e vari manufatti, forse è noto a pochi. Risalente a 7.000 anni fa, è inaccessibile al normale visitatore, considerato che anche gli archeologi devono praticamente strisciare per poterla indagare, ma reperti, documenti e filmati sono nel locale bel museo archeologico. C’è invece uno sito altrettanto straordinario, risalente a un periodo più recente, all’età tardo antica (V-VII secolo d.C.), che è facilmente raggiungibile e che lascerà i visitatori a bocca aperta (visite guidate a cura del Polo museale).
È la necropoli rupestre della Salata, alcuni chilometri a nord di Vieste, nei pressi del santuario della Madonna di Merino, anch’esso interessante sito archeologico per la presenza nell’area della chiesa dei resti di una importante villa romana, con imponenti impianti per la produzione del vino (non a caso l’agronomo romano Varrone ricorda le viti di Uria, caratteristiche perché basse e sorrette da forcelle di legno), scavata negli anni ’50 e ancora oggi in proprietà privata e non adeguatamente valorizzata.
Ma torniamo alla Salata. Ebbene lungo tutto il costone roccioso si snoda un insieme di grotte intensamente occupate da sepolture: centinaia di tombe ad arcosolio, loculi, fosse, occupano il fronte roccioso un tempo affacciato sul mare, in un’area umida salmastra.
Spettacolare, infatti, è il contesto paesaggistico, di grande interesse anche sotto il profilo geologico, botanico (con una vegetazione tipica della macchia mediterranea, non senza una rarissima colonia di crescione d’acqua) e faunistico (rane, tartarughe, bisce d’acqua, anguille e anche vari uccelli, come il barbagianni, il colombaccio e altri ancora), tipico di un ambiente umido, ancora attraversato da due ruscelli di acqua purissima e molto salata. Insomma, un vero ecosistema ricco di cultura e di storia. In antico questo tratto di costa doveva avere ancor più i caratteri della zona umida, forse anche per l’estrazione del sale e la salagione del pesce (di qui forse anche il toponimo).
Tutto il Gargano è costellato di cimiteri ipogeici rupestri di età paleocristiana (Monte Pucci, Grotta Spagnola, Pantanelle, Coppa del Principe, Parco della Chiesa, S. Venanzio e molti altri ancora), riferibili evidentemente ad abitati di altura arroccati ancora poco noti, in una fase, quella tardoantica e medievale, che conobbe in Puglia straordinarie manifestazioni dell’habitat rupestre.
Il vivere in grotta è stato praticato a lungo e diffusamente sul Gargano, ricco di anfratti utilizzati per millenni come abitazioni, cimiteri, luoghi di culto, stalle e ricoveri di pastori. Sempre a Vieste un altro interessante complesso rupestre, da poco sottratto a privati che lo utilizzavano illegittimamente come stalla, è quello di San Nicola di Myra: un cimitero paleocristiano e una chiesa medievale dagli interessanti resti di affreschi del XIII-XIV secolo, purtroppo ancora al momento non facilmente visitabile.
Vieste e il suo territorio riservano anche altre sorprese archeologiche. L’altro complesso più spettacolare si trova sull’isolotto di Sant’Eufemia, di fronte alla città, nei pressi del faro. Si tratta di parte di un santuario rupestre che in età romana era dedicato a Venere Sosandra, come testimoniano alcune iscrizioni incise sulle pareti rocciose e come sembrerebbero confermare alcuni versi di Catullo, che tra le località collegate al culto della dea menziona anche Uria. Si tratta di uno dei vari santuari frequentati dai marinai nel corso dei secoli, per ingraziarsi la protezione della divinità dai pericoli della navigazione e anche per rifornirsi di acqua (sull’isola è infatti presente anche una sorgente) e di altre scorte.
In Puglia sono noti anche altri santuari costieri marittimi, ad esempio nel Salento il santuario di Grotta Poesia a Roca e la grotta di San Cristoforo a Punta Matarico, la Grotta Porcinara a Punta Ristola. Numerosi sono poi nel Mediterraneo i santuari di Venere, spesso associati alla pratica della “prostituzione sacra”.
In età tardoantica e altomedievale è molto probabile che il santuario abbia conosciuto una trasformazione in senso cristiano, come documentano le decine di croci e di altri simboli presenti sulle pareti. Indagini, ancora in corso, da parte di archeologi delle Università di Bari e Foggia, tra cui chi scrive, e di speleologi dell’associazione Asso di Roma, hanno finora portato a censire circa 120 iscrizioni con testi di varia epoca, in lingua greca e latina di età romana, tardoantica e medie va le oltre a un gruppo di testi databili tra Ottocento e Novecento lasciati dai fanalisti (l’iscrizione più recente è del 1926).
Un’iscrizione particolarmente importante è quella, datata precisamente al 3 settembre 1002, che ricorda la sosta del doge Pietro II Orseolo durante la spedizione, effettuata con ben cento navi da guerra, in soccorso di Bari assediata dai Saraceni.
Giuliano Volpe
Ordinario di archeologia all’Università di Bari, già rettore dell’Università di Foggia e presidente del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici del Mibact.
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