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IL PREMIO GARGANO-FORESTA UMBRA: QUELLO SÌ CHE VALEVA…

Dall’èlite intellettuale che frequentava il territorio, ai Premi letterari che videro protagonisti alcuni personaggi che avrebbero fatto parlare di sé. Di particolare vivacità il “Gargano-Foresta Umbra”, dove incontri, cene e riti mondani facevano bene a tutti e mettevano allegria. L’intelligenza e il sapere non si mettevano in cattedra ma circolavano liberamente tra i presenti…

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VICO/ I TESORI DEL GARGANO NEL DOPOGUERRA E LA CULTURA PERDUTA.

Quando nel 1950, Giuseppe d’Addetta, Michele Vo­cino, Alfredo Petrucci, Mario Ciampi, Francesco Delli Muti celebravano la prima edizione del premio “Gargano-Foresta Umbra”, – la foresta prendeva un altro aspetto, frequentata da una “élite” intellettuale di personaggi di varia provenienza e varia fama. La manifestazione si svolgeva grazie al contributo assai generoso dell’Ente Provinciale del Turismo di Foggia, presieduto da Mario Ciampi e diretto da Raf­faele Rosiello. L’organizzazione dell’evento, invece era affidata al dinamico Lello Follieri, autentico motore dell’Ente di Corso Garibaldi 21. E qual era il consistente premio in da­naro? 200 mila lire per un’opera letteraria, 60 mila per un saggio, 50 per uno o più articoli di ambienta­zione garganica pubblicati dopo l’uscita del bando di concorso: somme che, ag­giornate, farebbero gola, oggi, ai più importanti premi letterari e giornali­stici nazionali. E i componenti della giu­ria? Nientemeno: Goffredo Bellonci, Carlo Bo, Enrico Falqui, Gian Battista An­gioletti, Giuseppe Petroni, Mario Vinciguerra, Luigi De Secly (direttore, al­l’epoca, de “La Gazzetta del Mezzogiorno”) e gli indi­geni Alfredo Petrucci, Mi­chele Vocino, Mario Ciampi, cui si aggiunge vano, volta a volta, Mario Prignano e Mario Simone. E tra i vincitori e “segna­lati” del “Premio”? Nomi già affermati insieme a gio­vani promesse, che di lì presero il volo: Giuseppe Berto, Igor Man, Giuseppe Cassieri, Raffaello Brignetti, Amedeo Maitiri, Matteo de Monte, Elsa Rai­mondi, Ciro Angelillis, Cristanziano Serricchio, Violetto Polignone … Basta sfogliare i giornali del tempo, per ritrovarli, tutti. Le sere che precede­vano la proclamazione dei vincitori; a San Menaio, la “Vecchia Signora” del turi­smo garganico, le ville dei Delli Muti, d’Addetta, Di Stolfo, Dal Sasso, Petrucci si animavano.

Erano in­dimenticabili i raffinati menu con gli ingredienti scrupolosamente selezio­nati, tutti della “Montagna del Sole”: le anguille del Va­rano, le spigole di Peschici, l’olio e i finocchi di Car­pino, i limoni di Rodi, le aragoste di Tremiti, le mozzarelle di Sannicandro, il pane di Monte Sant’Angelo, le carni delle mandrie del “Parchetto” e di “Sfilzi”, i sorbetti con le arance di Vico. Incontri, cene, riti mondani fanno bene ai premi letterari e mettono allegria. Una sorta di “anteprima” era quella, dunque, che si svolgeva nelle residenze più prestigiose di San Me­naio, che si contendevano i giurati più illustri: si di­scettava liberamente di tutto e si spettegolava sulle novità librarie dell’anno e soprattutto sui loro autori. A distanza di tanto tempo; merita di essere ricordato un esilarante episodio che tenne banco, in quei giorni, tra le più note “ma­lelingue” garganiche, e che riguardava un “flirt” sboc­ciato, all’improvviso, in quell’occasione, tra un ro­manziere di bell’aspetto e di eloquio forbito, che già si intuiva destinato alla grande carriera e che pronostici accreditavano “sicuro” vincitore del “Premio”, e un’avvenente signora, andata sposa appena qualche mese prima a un facoltoso professionista di Foggia che, per ragioni di lavoro, era rimasto nella calura degli ultimi giorni di luglio nel Capoluogo, men­tre la donna lo aveva prece­duto ai bagni di San Menaio e agli ozi del “Bella­riva”, poi Hotel “Sole”, oggi “Familia”.

Bastò poco: la noia mulie­bre, l’intraprendenza del giovane-romanziere, un sorriso, un cenno d’intesa e, a notte fonda, la stanza più accogliente dell’al­bergo riservata, manco a dire, ai clienti di maggiore riguardo, per pochi minuti, registrò gli spasimi dei due. Solo per pochi minuti, però, perché lo sgommare e gli sbuffi “smarmittosi” di un’automobile e, ancor più, subito dopo, la voce imperiosa e inconfondibile del professionista che aveva inaspettatamente anticipato l’arrivo, crearono uno spiegabile tram­busto. Il giovane non si “perse” d’animo: rivestitosi “alla bell’e meglio, si calò dalla finestra della stanza che, per fortuna, era al (piano terra e per non an­dare completamente “in bianco”, trovò conforto nel surrogato di una fugace ‘masturbazione’ sotto le stelle. La donna, dai discu­tibili comportamenti co­niugali, invece, dovette accontentarsi di riprendere l’abituale “tran tran”. La notizia, per vie miste­riose, arrivò ad Attilio Ti­bollo, cronista mondano de “Il Tempo”, che la pubblicò in un vivace e gustoso “corsivo”, sotto il titolo: “Al premio Gargano – Foresta Umbra il coitus interruptus e il cocu magnifique”. Anche se nel brillante reso­conto non mancò la dovi­zia di particolari piccanti, Tibollo, da gentiluomo lon­ganime, si guardò bene dal fare nomi. Lo “scoop”, comunque, non ebbe nell’immediato alcun effetto, se non tra i pochissimi che avevano comprato il gior­nale, al bar della Stazione di Foggia. Era successo, infatti, che, per un disguido nella distribuzione, il quo­tidiano romano, del quale il “cocu” era abituale let­tore, non arrivasse a San Menaio nell’unica edicola che era quella delle signorine fine Quaglia, al “Lungomare Maria Josè”, trasfor­mato, ora, in “Lungomare Andrea Pazienza”. Sicché la serenità familiare non fu nemmeno scalfita. La vigilia del “grande giorno”, a “Villa Nunzia”, dai Delli Muti, – si tirava tardi la sera e tutti si saluta­vano sotto i rami dei limoni pendenti, gialli tra il verde.

Alfredo Petruccì, compia­ciuto, accennava a qualche verso della canzone di “Mi­gnon”;”Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni: .. lo conosci tu ben?”. Era quello il clima di una specie di “agape”, vissuta in nome della cultura.

La sera del “Premio”, infine, sulla pedana della pista del “Ri­fugio”, il delizioso “relais” gestito da Michele Mascolo e Matteo Savastano, alla “Foresta Umbra”, a un tratto cessavano il suono delle fisarmoniche della “Filarmonica” foggiana del Maestro Vittorio Sannoner e le danze della “Pacchianella” di Monte-Sant’An­gelo ben orchestrate da Giovanni e Matteo Lom­bardi, e tacevano, d’im­provviso, le note dell’orchestra della RAI del Maestro Armando Fragna e le voci “amiche” e collau­date di Katina Ranieri, Carla Boni, Gino Latilla, Clara Iaione e Antonio Ba­surto … (tra i cantanti di musica leggera allora più famosi), mentre – preceduti da Eloisa Cianni, elegantis­sima “Miss Italia” e dalla bellissima “Ninfa della Foresta”, Mirella De Perna-d’Addetta, Delli Muti e Ciampi diventavano, an­nunciando i nomi dei pre­miati, gli officianti di un rituale semplice e suggestivo”.

Come; dunque, non ricor­dare con nostalgia quel premio? Tutti i premi lette­rari dovrebbero essere si­mili a quello, dove l’Intelligenza e il sapere non si mettevano in catte­dra, ma circolavano liberamente tra i presenti, evitando la goffaggine di tanti premi “assessorili”, che servono più alle “Auto­rità” che alla cultura. Sa­remo “capaci di farlo rivivere, magari sotto altro nome, ma nello stesso spi­rito e nello stesso stile? Una mano potrebbe venire dal premio “Cassieri”, del quale, però, si stanno per­dendo le tracce. Dal “Gar­gano-Foresta Umbra”, ‘infatti, Cassieri, con il ro­manzo “Aria cupa”, ebbe, oltre a qualche grana giudi­ziaria il meritato lancio nell’Olimpo della narrativa italiana. Non sarà facile: i tempi sono cambiati e non c’è più in giro traccia di quello che, nonostante macroscopiche arretratezze, poteva, per certo verso, es­sere considerato Gargano “felix”. Oggi, il garganico “medio” ha perso, in buona parte, i suoi caratteri distintivi e aspira a essere “tutto politico” o più spesso “tutto economico”: sa, in defini­tiva, che “carmina non dant panem”. Ma la ragione più vera è che, con l’”‘al­lure” e l’eleganza di quel tempo, sono scomparsi d’Addetta, Delli Muti, Ciampi, Vocino, Petrucci, garganici “totali” e assolu­tamente allergici … a esibi­zionismi, prebende e medaglie. 

Giuseppe Maratea 

“L’attacco” novembre 2015