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Vieste – “IL CONTE” (PASQUALE COLANGELO): “IL NOSTRO TURISMO? LA RIVOLUZIONE È DI INVESTIRE NEI DIPENDENTI E SOPRATTUTTO NEL VIESTANO COMUNE”

Conte, sono 50 anni di attività e non sentirli.

Direi 100. Operare a Vieste vale doppio.

Gli inizi?

Dopo l’alberghiero a Vieste, la mia formazione arriva dal gran girare per ristoranti d’Europa, proprio dai profumi deliziosi dei laboratori di pasticceria, gelateria, rosticceria, pizzeria, e finalmente, al banco dopo aver passato tutti i reparti per poi saltare in sala come cameriere e il primo “contatto” con il pubblico.

“Il Conte”, a Vieste basta la parola. Fu il conte Nuvoletti, della casata degli Agnelli, ad affibbiargli il nomignolo. Ideatore e proprietario de “Il Grottino, uno dei locali più esclusivi del Gargano. Ama la musica, l’arte la poesia e l’antiquariato. Parla inglese, francese, tedesco e spagnolo.

Siamo fortunati ad esser nati a Vieste…

E’ vero, abbiamo la fortuna di essere viestani perché siamo nati nel posto che ha spiagge infinite, addobbi come il Faro, Pizzomunno, l’Architiello, le Grotte, le Calette, i Trabucchi, la Foresta, il Sole, il Vento, il Mare, l’Aria limpida, i Lungomari che richiamo un pezzo della nostra anima. Siamo fortunati ad esser nati a Vieste nonostante tanti, troppi, viestani siano un enigma. Altri una spiegazione.

Bilancio della stagione?

Molti numeri e sempre meno qualità.

Ma è questa la vacanza a Vieste?

Per carità: abbiamo perso i viaggiatori, cioè i curiosi, più acculturati e anche più danarosi. Oggi abbiamo il turista con risultati che sono sotto gli occhi. Siamo ancora all’economia della fatica, mentre il mercato richiede sempre più conoscenze.

E quindi?

La rivoluzione è di investire nei dipendenti e soprattutto nel viestano comune. Formare le persone è responsabilità per far prosperare il paese. Per la verità avremmo dovuto farlo già da 40 anni. Formazione continua co­me pilastro del turismo. È questo uno dei punti cardini già del presente e ancor più nel futuro.

Cosa ti è rimasto di quel vagare?

Tutto. In primis il tema dell’accoglienza turistica che è centrale. Fare accoglienza è fare marketing. Troppe cose si continuano a fare nella nostra cittadina che non dovrebbero farsi. L’accoglienza turistica ha molte declinazioni: si tratta, ad esempio, per una destinazione di essere accessibile, dare importanza alle esigenze del turista, curare la relazione. In un posto dove si è stati trattati male non ci si torna più e non è più consigliato.

Come conquistarlo allora?  

Occorre soddisfarlo, soddisfarlo molto. Se possibile superarne addirittura le aspettative. Va da sé, che per poterlo fare, occorre conoscerlo, sapere cosa vuole e dargli ciò che vuole (e non semplicemente ciò che abbiamo, ciò che noi pensiamo gli piaccia). Non è importante solo ciò che abbiamo da offrire, ma anche il modo in cui lo facciamo, lo raccontiamo. Non solo i servizi, dunque, ma anche fattori cruciali come la relazione e la comunicazione, che sono intimamente legate e sono competenze non così scontate come si potrebbe pensare.

Fondamentale conoscere il più possibile i bisogni e i desideri di chi abbiamo di fronte.

Verissimo. Questo andrebbe fatto prima dell’incontro, studiando il mercato, ma è altrettanto importante continuare a prestare attenzione e coglierne le necessità durante il suo soggiorno. Dobbiamo imparare a farlo ascoltando ciò che il nostro ospite ci dice.

Culture diverse hanno esigenze diverse.

E’ stratempo di ricordare che i nostri ospiti non sono una massa indistinta a cui per forza piace ciò che piace a noi! Ma non è finita, perché una volta che conosciamo le aspettative, i bisogni e i desideri dei nostri ospiti, si dovrebbe lavorare per soddisfarli. Prima gli prendiamo le misure e poi gli cuciamo addosso un abito che gli stia bene, che gli piaccia.

Chi ama veramente il Gargano non dovrebbe nascondere nulla.

Concordo, e offrire soluzioni. Non ingannarlo, ma mettersi a fianco del turista per offrirgli l’esperienza migliore possibile. L’ospite, in fondo, non cerca altro che emozioni. Questo è fare accoglienza turistica, una competenza che dovrebbe essere trasversale alle varie professioni e che sarebbe bene ed ora ritrovare, anche nei residenti, e in tutti coloro che in qualche modo vengono a contatto con gli ospiti turisti. Il calzolaio a Vieste, non è un calzolaio ma un operatore turistico. Così come il fruttivendolo, il macellaio, il parcheggiatore o il vigile urbano. Tutti devono rispettare, preservare gli equilibri. Questa è la declinazione del turismo responsabile. Spalmare i diritti e i doveri. Tutti.

Che significa scoprire finalmente il senso di remare tutti da una parte.

A Vieste da 60 anni viene replicato con stampino il solito copione. Chiusura aziende a fine agosto, letargo fino a Pasqua. Pensiamo al figlio ormai cinquantenne, che ha visto il proprio genitore fare per 60 anni la stessa cosa, con le stesse modalità, con gli stessi strumenti, con lo stesso linguaggio. Giocare sicuri fa parte del passato, è un segno di stanchezza e, in buona sostanza, di codardia. In genere, sono soprattutto i giovani ad avere il coraggio di cambiare, perché non hanno alcun passato da difendere. E a loro che dovremmo aprire le porte. Oggi la società è cambiata. Gli imprenditori non dovrebbero avere paura di osare: solo chi osa, infatti, sarà ricompensato. Nuove idee, progetti mai tentati, sono spesso il trampolino di lancio verso il successo. Pensiamo a Picasso: quante volte si è rinnovato, e, rinnovandosi, ha saputo ricominciare tutto da capo? Il cambiamento è sempre figlio del coraggio.

Ma il rischio per Vieste è che diventi sempre più uno stabilimento balneare.

… è vero e non un’amena località turistica. Il Gargano è un unicum nel Mediterraneo con infinite possibilità e combinazioni emozionali. Alzi la mano chi è convinto che sono sufficienti poco più di due mesi di lavoro per portare avanti la propria azienda, la propria famiglia. Chi ha avuto la fortuna di studiare rientri nella SUA storia e nella storia del Gargano e contribuisca alla trasformazione culturale-economica-sociale della nostra Città e finisca di demonizzare chi crea economia. E poi a tutti oramai dovrebbe essere noto il carattere ambivalente del turismo. Esso può favorire lo sviluppo economico e culturale di un territorio o, al contrario, determinare il suo irreversibile degrado.

Tradotto?

 Il nostro turismo non è un pozzo senza fondo, inesauribile, per questo è necessario che tutti vengano messi in condizione di fare la loro parte per custodirlo e proteggerlo. Nel turismo, meglio ficcarselo bene in mente, più che in ogni altro settore economico, il tema cruciale che abbiamo di fronte non è quello di porre limiti allo sviluppo, ma di far crescere la consapevolezza che vi è un limite, oltrepassato il quale ogni possibilità di sviluppo è irrimediabilmente compromessa.

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