Un intero settore resta con il fiato sospeso: dopo due anni di difficoltà, causate dalla pandemia, c’è paura per il futuro delle concessioni di lidi e spazi demaniali. Questo dopo che il premier Mario Draghi ha annunciato di voler porre la fiducia sulla riforma del demanio marittimo inserita nel disegno di legge sulla concorrenza. Ovvero si va verso le spiagge a gara nel 2023 e niente più proroghe alle concessioni. «Prendiamo atto di questo passo in avanti – afferma Marina Lalli, presidente di Federturismo (Confindustria) – e attendiamo il testo che sarà definito dal governo. Tuttavia, penalizzare gli operatori per situazioni anomale isolate non sembra la soluzione ideale». La genesi di tale riforma deriva da un lungo confronto per liberalizzare il mercato. Da un lato ci sono lamentele dei consumatori sull’occupazione delle spiagge (in molte località diventate solo a pagamento), dall’altro lo squilibrio tra i canoni versati allo Stato e fatturati realizzati. «Penalizzare tutti per poche situazioni isolate – spiega Lalli – non credo sia giusto. Questa è una situazione che stenta a trovare una soluzione e per questo Draghi ha voluto accelerare. Però al di là di situazioni estreme, dove veramente c’è difficoltà di accesso alla spiaggia, se non pagando o situazioni nelle quali c’è un pagamento di canone veramente basso, ci sono tantissime realtà che sono in equilibrio. È la stragrande maggioranza degli operatori che ha investito per migliorare la qualità dei servizi offerti».
Lalli, che è amministratrice unica delle Terme di Margherita di Savoia, conosce bene il settore. Che non è solo spiaggia, ma segue la filiera degli hotel, dei residence e dei ristoranti. «Eventuali casi di distorsioni del mercato – conclude la presidente di Feder turismo – potevano essere controllati con un monitoraggio. Nella maggioranza dei casi la situazione è nella norma. A Margherita di Savoia esistono numerosi accessi liberi alla spiaggia e i costi per un ombrellone e due lettini toccano mediamente i 20-25 euro».
Di Margherita di Savoia è anche Antonio Capacchione, presidente del sindacato italiano balneari (Confcommercio). «Questa mossa del governo – sostiene Capacchione – è una colossale sciocchezza. Ma attendiamo il risultato della sintesi dei 226 emendamenti presentati sulla questione. Mi auguro che ci sia un equilibrio e non una drammatizzazione come nelle ultime ore. D’altronde aver inserito la regolamentazione nel decreto concorrenza non era un obbligo chiesto dall’Ue per ottenere i finanziamenti del Pnrr. Poi mi chiedo: è una questione di introiti per lo Stato? Sarebbe bastato adeguare gli importi dei canoni da pagare visto che con una gara ora si cambierebbero i soggetti gestori, ma non il meccanismo complessivo. Va via uno per far spazio all’altro».
A rischio in Puglia ci sono 1.500 lidi e le concessioni sono complessivamente 2.500. «Sono di più – conclude Capacchione – perché nella lista figurano anche gli hotel e i ristoranti su area demaniale marittima. Si tratta di attività che ora sono a rischio e soprattutto saranno anche a rischio le tariffe per i consumatori finali. L’Italia, nel settore mare, è un fiore all’occhiello e rischiamo di cederlo».