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PUGNOCHIUSO – L’INCANTEVOLE ALBERGO DEL FARO CHE NACQUE DA UN SOGNO. QUEST’ANNO COMPIE 60 ANNI

Nel 1962 nasceva un mito, quello di Pugnochiuso, realizzandosi così il sogno del grande Enrico Mattei. Che concepisce un progetto sostenibile in un ambiente non conosciuto, in un contesto agro-pastorale avulso dal turismo. L’atto fondante dell’Albergo IL FARO, con posa della prima pietra nel tardo autunno del 1962, ha determinato un fenomeno internazionale che ha provocato un cambiamento radicale nel volto e nell’anima di Vieste e dell’intero Gargano. Primo che albergo divenne un vero e proprio strumento di comunicazione del nostro territorio. Quest’anno cade il sessantesimo anniversario. Noi vi riproponiamo quello che già avevamo proposto nel 50° anniversario, all’allora amministrazione comunale, purtroppo come uso e costume dalle nostre parti, meglio non averla la memoria. Facemmo presente anche ai vertici dell’Albergo IL FARO dell’evento che coincideva con l’anniversario della morte di Enrico Mattei. Sarebbe stata logica e naturale la ricostruzione di quegli eventi nella convegnistica organizzata dall’ENI che ricordava il mito Mattei. Nulla di fatto. Così pensammo di partire con la ricostruzione di quegli eventi contattando direttamente MATTEI per UN’INTERVISTA IMPOSSIBILE che vi riproponiamo.

Di seguito l’auspicio pubblicato anche sul Corriere del Mezzogiorno, l’intervista a Giannino Anselmi, fatta da Antonio Troia nel corso del suo programma ALTA MAREA nel 2011 e riproposta ancora su OndaRadio il 22 giugno del 2102, e il “regalo” (che auspichiamo sia finalmente pubblicato in cartaceo) del suo diario sull’inizio dei lavori a Pugnochiuso con il viaggio in una Vieste, ancora, e completamente isolata.

Enrico Mattei

Nasceva  nel 1906, figura centrale nella storia del sistema industriale nazionale e internazionale. Passione, visione strategica, innovazione: gli ideali che Enrico Mattei ha trasmesso a Eni hanno portato la Società a crescere fino a diventare la sesta compagnia petrolifera mondiale.

Mattei riuscì a costruire intorno alla sua figura un’aura mitica. Fu abile nel costituire una rete di collaboratori capaci di muoversi sulla scena internazionale e questo divenne uno dei punti di forza che la società, oltre gli interessi specifici, seppe offrire all’azione diplomatica dell’Italia. Fu tra i primi a coltivare lo spirito di frontiera e il rispetto delle culture diverse. Mattei aveva chiaro che non era  possibile fare strategia internazionale senza conoscere bene i singoli territori su cui si andava ad esplorare. La diversità Eni fu per anni una sorta di eccezione, un’impresa che compiva scelte diverse da quelle della maggioranza dei suoi concorrenti, tanto da sfidare il buon senso comune. Mattei è stato il simbolo di un modo di pensare l’Italia, abbastanza visionario da riuscire a trasformare una nazione sconfitta e contadina in un Paese avanzato con una forte industria energetica. Questa è l’eredità più preziosa che Mattei ci ha lasciato. Con questa capacità dobbiamo guardare alle sfide di oggi e di domani, per riaffermare ogni giorno il valore dell’energia come motore di crescita per tutti. A cinquant’anni (60anni ndr) dalla sua scomparsa, Enrico Mattei è ancora un uomo del futuro. Un uomo che ha trasformato ogni azione in una visione, creando sviluppo e benessere attraverso l’ingegno. Perché il futuro è di chi sa immaginare.

IL SOGNO POSSIBILE

Suona il campanello. Dice una sola parola: gas. Il tipo indossa una tuta blu targata Eni. E’ magro. Talmente magro che è addirittura trasparente. La curiosità mi spinge ad attaccare discorso:

Lei è etereo come il gas.

Ovvio – risponde – sono un fantasma.

Un fantasma?

Cos’altro potrei essere? Sono morto da cinquant’anni (60anni ndr) in corpore. L’anima invece non riesco a trattenerla al suo posto! E’ più forte di me!

E continua a lavorare?

E’ un incarico virtuale. Me l’hanno offerto per pura riconoscenza, considerando che la parte migliore della mia vita l’ho dedicata proprio all’Eni.

Da controllore del gas?

No, da Presidente.

Un sussulto: lei è Enrico Mattei!

Per l’appunto….

Lei non sa quanto Le vogliamo bene, noi viestani. E quanto Le siamo riconoscenti. Mi conceda solo qualche minuto, qualche pensiero.

D’accordo, ma sbrighiamoci.

Presidente, i viestani la considerano un grande amico…

L’emozione che ho provato entrando nella Baia di Pugnochiuso mi fece quasi dimenticare tutto quello che avevo visto nelle mie precedenti navigazioni. Il mare azzurro e immobile di Vieste come un lago, le colline sovrastanti la costa garganica tinte di rosa dai primi raggi del sole, le insenature dorate dal tramonto, le grotte marine e le calette accessibili solo via mare, e molti personaggi mi hanno felicemente ammaliato; ora se ve li volessi descrivere, dovrei lavorare più d’immaginazione che di memoria.

E’ da un sentimento, da una emozione che è scaturita la decisone di costruire l’Hotel Faro a Pugnochiuso?

La bellezza, la passione muovono il mondo. Quando si boccheggia, loro sono le ancore di salvezza.

Ma..c’era la consapevolezza dell’opportunità che veniva data al nostro territorio?

E’ stata la nostra missione: abbiamo contribuito a trasformare un Paese contadino in un Paese avanzato… saper immaginare il futuro…la nostra sfida.

Quell’opportunità, Presidente, ha portato a Vieste  300 aziende di soggiorno, migliaia di esercizi commerciali. Oltre 50 milioni di turisti che vi hanno soggiornato per più di 160 milioni di notti. Già nel 1987 il Comune di Vieste, a seguito dell’iniziativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fu inserito fra i “100 Comuni della Piccola Grande Italia” protagonisti dello sviluppo economico fondato sul sistema della piccola e media impresa. Un miracolo?

Certamente la lampante dimostrazione che quando al martoriato meridione si danno concrete opportunità dall’indolenza della controra è più facile passare alla concretezza dei fatti. Possiamo ritenerci quasi soddisfatti…alcuni, per la verità, anche se sottovoce, mi davano del visionario…

Presidente, perché quel “quasi” soddisfatti….

Vede l’essere umano è un animale comunque progressivo; la vera partita, poi, si gioca sul concetto di sviluppo.

La seguiamo

Vieste è progredita; ha 300 aziende, ma ora con i proventi di quelle aziende che fa? La risposta a questa domanda è lo sviluppo.

Vuol dirci che dopo 50 (60anni ndr) anni tarda a sbocciare un’economia?

Ha mai fatto un trasloco? Passare da una economia contadina (neanche da agricoltori) ad una da imprenditori, per giunta senza una borghesia che la guidasse è chiaro che crea scompenso. Riesaminare questa Vieste può essere una buona occasione per conoscere se stessi. Sia chiaro tutto ciò non giustifica del tutto; diciamo che ci sono dei ritardi e delle responsabilità sulla tabella di marcia.

Imputabili a chi?

in primis a chi ha avuto la fortuna di andare a scuola. I “professionisti” sono scomparsi dalla storia di Vieste, pretendono di non farne parte. Chi se non loro hanno il compito di guidare lo sviluppo.

Presidente,  allora giustifica questo caos con la totale assenza di cultura delle regole?

No assolutamente. Capisco il pericolo di un’implosione. Capisco i processi generazionali, ma faccio fatica a comprendere la mancanza del principio di responsabilità e di onestà intellettuale. Nel turismo, più che in ogni altro settore economico, il tema cruciale che hanno di fronte oggi i viestani non è quello di porre limiti allo sviluppo, ma di far crescere la consapevolezza che vi è un limite, oltrepassato il quale ogni possibilità di sviluppo è irrimediabilmente compromessa.

Quando tutti vanno alla velocità del suono, Vieste sembra che cavalchi ancora un mulo?

Avete già perso tanto tempo e lo dico anche a Voi che fate comunicazione, ma non avete percepito bene cosa significhi la dotazione di un media, una radio, una televisione, un sito web. Si sta perdendo tempo nell’era della comunicazione, il che può essere peccato mortale. E’ incredibile che non ci si batti all’arma bianca per un aeroporto, perché averlo significherebbe mettersi quantomeno al passo con il mondo e trovare finalmente una comunione di intenti, un modo di essere finalmente cittadini del mondo, essere parte di una comunità globale del villaggio globale e scrollarsi di dosso una dimensione micro batterica della nostra offerta turistica. E poi vi sarebbero altre tendenze con cui inevitabilmente fare i conti…

Una per esempio?

Il lavoro del terzo millennio non è più, salvo rare eccezioni, lavoro materiale (uso della forza muscolare per trasformare fisicamente la materia prima in prodotto finito), ma è al 99% dei casi lavoro mentale (cognitivo), nel senso che usa le conoscenze di cui dispone per produrre altre conoscenze, portatrici di utilità. E questo, al solito, non riguarda ormai pochi ruoli “intellettuali” (i professori, gli attori, gli scienziati ecc.) ma tutti i lavori: anche il lavoro operaio si sviluppa guidando macchine (con la conoscenza) e usando il cervello prima che i muscoli.

Se il lavoro è divenuto ormai totalmente lavoro cognitivo e se il consumo attribuisce la maggior parte del valore al significato o al servizio associato ad un bene materiale, invece che al bene materiale di per sé, dobbiamo prendere atto del fatto che un grande cambiamento si è compiuto: l’economia reale è diventata un’economia in cui è la conoscenza che viene messa al lavoro. Senza se e senza ma; è tempo che anche il viestano digerisca velocemente che quello che si stà vivendo è tempo di “economia della conoscenza”. 

L’economia della conoscenza… e poi “vendere” un prodotto e non un posto letto….

Sicuramente. Ma è necessario sottolineare che un prodotto non è tale quando vi sono degli alberghi, ma diventa tale quando entra nella percezione del consumatore, anche senza strutture ricettive. Ormai il prodotto è quasi proprietà del consumatore: è il consumatore stesso che decide se un luogo è un prodotto o meno creando una forte libertà nel consumo. Anche se la gente, tuttavia, si orienta per la maggior parte verso i prodotti consolidati. In realtà, oggi, siete liberi di andare a fare turismo dove si vuole: non esistono più le distanze fisiche ma solo le distanze psicologiche. Altro aspetto vitale: dipende da come saprete bilanciare la commercializzazione della cultura, e quindi della vita, e il mantenimento di spazi culturali non mercificati.

Una ragione in più per pensare a un “turismo responsabile”: attento all’ambiente, agli impatti socio-culturali e allo sviluppo della comunità

Una sessantina di anni fa ero un buon cacciatore e andavo molto spesso a caccia. Avevo due cani, un bracco tedesco e un setter, e, cominciando all’alba e finendo a sera, su e giù per i canaloni, i cani erano stanchissimi. Ritornando a casa dai contadini, la prima cosa che facevamo era dare da mangiare ai cani e gli veniva dato un catino di zuppa, che forse bastava per cinque.

Una volta vidi entrare un piccolo gattino, così magro, affamato, debole. Aveva una gran paura, e si avvicinò piano piano. Guardò ancora i cani, fece un miagolio e appoggiò una zampina al bordo del catino. Il bracco tedesco gli dette un colpo lanciando il gattino a tre o quattro metri, con la spina dorsale rotta. Questo episodio mi fece molta impressione. Ecco, i viestani sono ancora quel gattino… Conviene a tutti il turismo responsabile. Se spalmi meglio in Vieste i proventi dai la possibilità al commerciante, al piccolo imprenditore di ri-investire nel proprio lavoro e ti ricompenserà con una migliore accoglienza. Non ci perdi, ci guadagni. Quattro giorni prima della mia dipartita tenni un discorso e dissi che bisognava impegnarsi per un’Italia solidale e fraterna, aperta al mondo, capace di guardare al futuro e fare sistema, non prigioniera del mito del denaro ad ogni costo…

… quello che ha letteralmente ammaliato i nostri operatori turistici, Presidente.

…ho sempre creduto nel lavoro, nei diritti del lavoro, nella giustizia sociale che viene dalla dignità del lavoro. I tesori non sono i quintali di monete d’oro ma le risorse che possono essere messe a disposizione del lavoro umano…

Il lavoro lo danno gli imprenditori!

“Lo danno e lo prendono. Così come le loro maestranze, che lo prendono e lo danno. Ci dev’essere collaborazione, unità d’intenti, rispetto reciproco. Il ruolo degli imprenditori – che sono anch’essi lavoratori – è fondamentale per il progresso sociale. Ma ci vogliono idee, coraggio, fantasia, innovazione, gusto del rischio, spirito di sacrificio, solidarietà.

Ma c’è la crisi economica……

E chi l’ha provocata, la crisi economica? La voracità, il successo personale a qualsiasi costo, l’individualismo sfrenato. Quella bomba sul mio aereo fu anche perché avevo teso una mano ai popoli islamici, l’Iran, il Marocco, la Giordania, l’Egitto, l’Algeria. Volevo che l’Italia li trattasse alla pari. Petrolio, certo, ma anche visione politica. Una politica che se l’Occidente l’avesse ampliata e rafforzata, chissà, forse il terrorismo non avrebbe avuto lo spazio che ha. Ma cosa accade, oggi, da noi?

Presidente, concorda con chi asserisce che il Gargano sia un territorio passivo, incapace di trasferire emozioni e storia al turista?

In gran parte sì. Il tutto a causa di mancanza di comunicazione, ma che, con opportuni e tempestivi correttivi, si può ripristinare. I successi o le sconfitte, non dipendono dal caso, dai finanziamenti, ma dall’organizzazione tra gli Enti locali. Lo Stato, non può essere l’unico soggetto dello sviluppo, perché ora il potere si è decentrato. Comunque, bisogna puntare sull’offerta culturale ed enogastronomia. Questo è il momento per richiamare le radici, la naturalità, la cura di sé, che però vanno costruite e coltivate, e non lasciate alla spontaneità del fenomeno. Dovete concentrarvi sui significati, sulla costruzione di esperienze e non raccontare favolette, perché la gente viaggia per ricercare un senso. Ma le bellezze naturali, sono una condizione abilitante  e solo su di esse non si può basare il turismo. Quindi è un errore gestire il territorio passivamente, e non serve a nulla accontentarsi del poco che si ha a disposizione. Queste condizioni, in cui si riflette molto il Gargano, creano stagionalità, favoriscono comportamenti opportunistici, lavoro sommerso o illegalità diffusa con danni d’immagine e fortissima dipendenza dal prezzo.

 Avverte anche Lei che si continua a fare un’offerta copiata, narcisistica ed omogeneizzata?

E, invece, bisogna valorizzare le caratteristiche locali, investire sull’accoglienza turistica. Non basta la disposizione d’animo per fare accoglienza, ma bisogna imparare le buone pratiche. Bisogna investire sul cliente e sulle sue esigenze. Ecco perché, non bisogna pensare a come andare su Marte, ma di combinare ciò che il territorio ci offre in maniera originale. Per quest’aspetto avvaliamoci dell’aiuto della Camera di Commercio, dell’Università e dell’associazioni di categoria. Bisogna saper sorprendere e coinvolgere il turista, che deve essere regista, attore e autore della sua esperienza. Oltre all’attitudine turistica serve il desiderio di ospitare, perché il fatto umano è distintivo del prodotto, in quanto trasmette le emozioni che rendono autentico ed unico un territorio. Bisogna avere la voglia di battersi per riappropriarsi delle proprie radici e della propria storia, per poi potere raccontare il tutto al turista. Oltre alla tecnica (formazione e programmazione), la vera carta vincente, è la passione per quello che si fa. Il vero valore aggiunto.

Presidente, ci perdoni la sfaggiataggine, ci suggerisca una qualche strategia di marketing…

Pensa veramente che sia il punto? Comunque…per  prima cosa: conoscere il proprio territorio. Ho l’impressione che i primi a non conoscere dove vivono sono proprio i garganici. Riscoprire il senso della comunità. Abusate della parola “sistema” ma non sapete stare insieme. Poi, le potrei suggerire uno scambio di promozione-commercializzazione territoriale. Una sorta di gemellaggi virtuali. Il mare si promuove in montagna e la montagna al mare. Inventarsi la settimana che dura 14 giorni al prezzo di sette, per chi acquista il pacchetto mare-montagna. Sfruttare i canali televisivi digitali nelle diverse zone europee, passare a un diverso impiego di internet: dall’l’uso e.learning che è produzione di massa, a net.learning che è invece, produzione innovativa e personalizzata….e via di questo passo. I mercati cambiano. Il punto è decidersi, invece, di passare definitivamente e convintamente ad un’economia di conoscenza turistica. Decidersi di promuovere una biblioteca che diventi negli anni un centro di ricerca e di studio nazionale e internazionale per i temi turistici. Pensa se fosse partita già 60 anni fa. Organizzare una grande manifestazione annuale: un meeting nazionale dedicato al turismo. La convegnistica: vero strumento di comunicazione, promozione, formazione per il turismo e per il business turistico…. E poi il vostro mare. Occhio alla diportistica. La vacanza in montagna è quasi tutta in funzione della neve. Fate altrettanto per il vostro mare? Scrive Predrag Matvejevic nel suo “Breviario mediterraneo”: “L’Atlantico o il Pacifico sono i mari della distanza, il Mediterraneo è il mare della vicinanza, l’Adriatico è il mare dell’intimità”…..

Ci vorrebbe un altro Enrico Mattei…

No, Vieste e il Gargano ha bisogno di professionisti preparati e competenti, ma anche appassionati e sensibili. Il potere si è spostato dalle mani dei produttori e dei rivenditori direttamente a quelle dei consumatori, dotati ora di informazioni, scelta e capacità di connessione. Vantaggi di prezzo, servizio, qualità non sono più sufficienti. A determinare il successo di una località o azienda turistica è ciò che i consumatori provano per essa, il legame affettivo che immaginano prima e che dopo stabiliscono. Meno cartoline, più emozioni, più miti fino a creare una” marca” di successo capace di far sognare la gente. L’ospitalità è un’arte raffinata che va molto oltre la proposta di una camera. Tenendo ben presente che vivia¬mo in un mondo globalizzato e ciò che si aspetta un inglese da una vacanza a Vieste o sul Gargano è diverso da quello che chiede un tedesco, un ciociaro o un napoletano. L’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono. Cos’è il turismo se non vendita di bellezze ed emozioni?

Ora…se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non deve andare perduto; è quello il luogo dove devono essere. Ora il vostro compito è di costruire a quei castelli le fondamenta.

Grazie, Presidente.

n.

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60 ANNI FA IL PASSAGGIO DELLA “COMETA” ENRICO MATTEI ILLUMINAVA IL PASSATO-FUTURO PROSSIMO DI VIESTE. DOPO IL CINQUANTESIMO ANCHE IL SESSANTESIMO ANNO DELLA NASCITA DELL’ALBERGO FARO DI PUGNOCHIUSO PASSARA’ NELL’ASSOLUTA INDIFFERENZA?  NOI VE LO RICORDIAMO COSÌ

L’opportunità. “Dall’indolenza della controra” a più di 50 milioni di turisti ed oltre 160 milionidi pernottamenti. Perchè la memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda.

 La società moderna è frutto di una continua evoluzione avvenuta nel tempo, di una successione di avvenimenti che l’hanno portata ad acquisire determinate caratteristiche e peculiarità; è impossibile credere che l’attualità, la nostra realtà, non derivi da un progressivo mutamento radicato nel tempo. Come afferma lo storico britannico Eric Hobsbawm nel suo “Il secolo breve”:“la maggior parte dei giovani è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono”. Com’è possibile pensare di costruire un futuro o semplicemente di comprendere il presente se mancano completamente le basi radicate nel passato? Partendo da questa considerazione diventa ancora più importante il cinquantenario (il sessantesimo ndr) dell’inizio della costruzione di quello che sarebbe diventato il Centro Vacanze Pugnochiuso, sulla punta estrema del Gargano. Ed il 2012 non è un anno qualunque se si fa memoria di quelle pietre sulle quali si edificò la scommessa futura a servizio di un’intera comunità. E’ proprio quest’anno che ricorrono i cinquant’anni (i 60anni) dalla scomparsa di uno dei più grandi, se non il più grande manager-grand commis italiano, ovvero di Enrico Mattei. Una delle personalità di maggior spicco del Dopoguerra Italiano, in quello che fu il periodo del grande boom, che rese lo stivale degno componente delle economie che contano in Europa e nel Mondo.

La figura di Mattei, ambito Vieste e Gargano (ma è ovviamente riduttivo) riaffiora in tutto il suo fulgore nelle pagine di  Vieste: il punto estremo dello Sperone Garganico. Ricordi dell’esperienza lavorativa di Giannino Anselmi raccolte e ordinate dal nipote Giacomo Anselmi. Un libro sulla costruzione di un hotel nell’Italia meridionale, che è una di quelle imprese all’apparenza banale (che volete che significhi la costruzione di un albergo?) ma che invece, quanto a cambiamenti, è valso il classico movimento del sassolino che fa smuovere tutta la montagna. Fatto eccezionale per quei tempi. Sono pagine di vivida memoria che saremmo felici di riportare in stampa.  Raccontano un interessante spaccato della vita dell’Italia durante gli anni del boom economico. Attraverso il punto di vista personale e particolare di Giannino Anselmi ci viene testimoniato il contesto culturale, economico, sociale in cui versava l’Italia di quegli anni e più in particolare di Vieste negli anni’60.

L’occasione della costruzione dell’Albergo del Faro prima, e di quello degli Ulivi poi, fa da collante alla trama di esperienze di un uomo che si trovò ad attraversare uno dei decenni che più hanno inciso nello sviluppo industriale dell’immediato Dopoguerra. Tra le righe di questo racconto, si riscopre anche una certa mentalità industriale e imprenditoriale che ha segnato e impregnato chi ha lavorato in quegli anni: quell’atteggiamento da capitano coraggioso e, a volte, un po’ paternalistico che ha infuso all’Eni il carisma di Enrico Mattei.

La vicenda prende avvio proprio dal profilo dello sfidante (Davide) delle sette sorelle del Petrolio (Golia), quale fu Mattei, impresa talmente titanica che può essergli costata la vita:” nel 1962 l’imprenditore marchigiano scompariva nel tragico incidente di Bascapè; ma la sua influenza, la sua tenacia e il suo sguardo sono sopravvissuti e trasmigrati in quelle persone, come mio nonno – scrive nella prefazione Giacomo Anselmi –  che si sono formate alla sua scuola di vita”. Moltissimi sono i personaggi che s’intrecciano nella vicenda di quegli anni, e, in controluce, s’intravede anche la trama formante di un intero paese: Vieste. Immerso fino ad allora nel suo sonno solitario e plurisecolare, e che grazie a quello spirito vitale di Mattei si destò, si interrogò, e si fornì le sue risposte o presunte tali proprio sulla spinta di quei cambiamenti o di quelle sollecitazioni che sono descritte nel libro.

Enrico Mattei si affacciò a Vieste il 29 agosto del 1959, e già in quella occasione, dopo il suo viaggio (si narra a mò di leggenda dalle parti di Vieste) ebbe a raccontare divertito ai suoi collaboratori: L’emozione che ho provato entrando nella Baia di Pugnochiuso mi ha fatto quasi dimenticare tutto quello che ho visto nelle mie precedenti navigazioni. Il mare azzurro e immobile di Vieste come un lago, le colline sovrastanti la costa garganica tinte di rosa dai primi raggi del sole, le insenature dorate dal tramonto, le grotte marine e le calette accessibili solo via mare, e molti personaggi mi hanno felicemente ammaliato; ora se ve li dovessi descrivere, dovrei lavorare più d’immaginazione che di memoria”. Dunque è da un sentimento, da una emozione che parte l’opportunità per lo sviluppo e la trasformazione di una terra tanto baciata da madre natura quanto dimenticata e abbandonata dai suoi stessi politici. Siamo soliti guardare avanti, spesso trascurando le benemerenze di ieri; non siamo facili alla gratitudine, alla memoria, alla coerenza con il nostro passato, all’ossequio, alla fedeltà dovuta alla storia; alle azioni che si succedono da una generazione all’altra degli uomini.

“Nell’autunno di quell’anno – racconta l’allora sindaco di Vieste Ludovico Ragno – giungeva al Comune una lettera da una delle società più importanti del gruppo Eni: la SNAM progetti che chiedeva di poter acquistare i terreni del demanio comunale, chiamati Valle della Fossetta e Porto Greco, 240 ettari in tutto, inseriti nei 2000 ettari o poco più, comprati da privati proprietari”. Motivo?

“La realizzazione a Vieste, in Puglia, di un centro vacanze per i dipendenti Eni”– scrive nel suo diario Anselmi. “La tragica notizia della morte di Enrico Mattei lasciò tutti sconcertati. Essendo il rappresentante della Snam, ricordo che dovetti accogliere le condoglianze delle autorità locali addolorate ed anche preoccupate che, in seguito a questa tragedia, i nostri progetti fossero fermati, lasciandoli senza lavoro. Ma la ruota progettuale era già in moto e nessuno la fermò più. Il progetto, negli anni, subì qualche piccola modifica rispetto all’idea originale di un centro vacanze per le sole maestranze Eni e fu trasformato in un centro turistico privato”.

Ecco arrivata l’opportunità per la “sperduta Vieste”. Nei primi cinquant’anni (oggi 60anni ndr) da quelle prime pietre si scorgono i segni della repentina trasformazione da economia contadina ad economia a vocazione turistica: 300 aziende di soggiorno, migliaia di esercizi commerciali. Quasi 50 milioni di turisti che vi hanno soggiornato per più di 160 milioni di notti. Già nel 1987 il Comune di Vieste, per solenne riconoscimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri si meritò il titolo di uno dei “100 Comuni della Piccola Grande Italia”, ovvero di quei protagonisti dello sviluppo economico fondato sul sistema della piccola e media impresa. Un miracolo? Certamente la lampante dimostrazione che quando al martoriato meridione si danno concrete opportunità dall’ “indolenza della controra” è più facile passare alla concretezza dei fatti. Il grazie all’Eni e ad Enrico Mattei (ma è davvero riduttivo!) è imprescindibile, e Vieste lo ha ben inteso intitolandogli il suo Istituto Professionale per i servizi alberghieri che forgia le truppe del suo sistema turistico e il lungomare che per antonomasia testimonia la sua simbiosi terra-mare. Ma grazie anche ai tanti senzanome che già cinquantenni (60 anni ndr) fa gli avevano creduto, senza riserve. In tal senso, è più arduo onorare la memoria dei senzanome che non delle grandi personalità. La costruzione storica dei primi cinquantanni (60anni ndr) di turismo a Vieste è dovuta a dar memoria ai senzanome.

E’ grazie anche a loro se ora “forestiero tu non sei a Vieste”.

ninì delli Santi

corrieredelmezzogiorno 10 luglio del 2012

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Vi riproponiamo un’intervista fatta a Giannino Anselmi, nel novembre del 2021 da Antonio Troia, nel corso della trasmissione radio Alta Marea, e riproposta il 22 giugno del 2022.

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Vieste: il punto estremo dello Sperone Garganico. Ricordi dell’esperienza lavorativa di Giannino Anselmi raccolte e ordinate dal nipote Giacomo Anselmi.

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