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PESCHICI, MARE E FIABA PER LA GRANDE BELLEZZA

Le rassegne e la forza propulsiva dei giacimenti culturali.

Dopo Torremaggiore, parte da Peschici, dal 22 al 29 giugno, il progetto per far della me­moria pane: un percorso cultural-economico (quasi) spontaneo, anticipato da quanto accade già da anni al Sud, ma specie in Puglia.

Cosa significa? Dalle orecchiette con le cime di rape, ai trulli, alla pizzica, al tarantismo, ai Sassi di Matera, e i briganti, i dialetti, i centri storici («città vecchie»: e si intendeva da evitare) e così via: le cose di cui ci si chiedeva di vergognarci (i non giovanissimi lo ricordano bene) sono diventate ragione di orgoglio identitario e guadagno. E sono stati gli occhi del forestiero a farcelo capire.

Ma questo fenomeno, salvo lodevolissime iniziative che restano iso­late, stenta ad assumere andamento epidemico nelle comunità locali. Sfugge, per sottovalutazione di quello che abbiamo da sempre e in quantità forse persino eccessiva, il valore eco­nomico della nostra storia: con una felice sintesi (che rimase vuota), dell’allora ministro alla Cultura Gianni de Michelis, noi camminiamo su «Giacimenti Culturali». Abbiamo la nostra fortuna sotto i piedi.

Ogni città, paese, quasi ogni mas­seria, da noi ha qualcosa di unico che andrebbe sfruttato, non per consu­marlo, ma per valorizzarlo, tutelarlo e trame utile.

Anni fa, in Giù al Sud, ne raccontai esempi, come quello dell’allora neo­laureato Antonio Cucco Fiore, che volle applicare in patria quanto aveva appreso a Londra (vi aveva studiato economia e lavora­va in Borsa). Sco­perto in un trattato di biologia britan­nico di metà Ot­tocento che il pro­volone del suo pae­se, Gravina in Pu­glia, era stato il primo a nascere, decise di farne il suo business. E fu un successo.

Ma quanti san­no, anche fra i pu­gliesi, che la nostra regione è un pezzo rimasto com’era della Pangea, da cui nacquero, per distacco, i continenti? Che la Puglia, con la Bretagna e la Scozia è la regione con il maggior numero di dolmen e menhir? Che abbiamo l‘Iliade, narrata sulla pietra, quattro secoli prima di Omero? Che l’ultimo lembo della primigenia fo­resta europea che andava da Reggio Calabria a Lisbona è sul Gargano, quella Umbra? Che a inventare la medicina sportiva fu un atleta ta­rantino, onorato dal Comitato olim­pico degli Stati Uniti e ignorato da quello italiano, che vinse tutte le gare del Pentathlon a Olimpia, nel 476 a.C., ed entrò nella leggenda? Che il galateo è un dono pugliese alla civiltà uma­na? Così dalla ga­stronomia (uno dei pilastri fu il filosofo Vincenzo Corrado, di Oria) alla storia, alla scienza, alla musica…

A Peschici, per dire, c’è la fiaba del pescatore Elia e la figlia del pirata Barbarossa (real­mente esistito: Khair ad-dn, che però non ebbe fi­glie), metafora esemplare di come l’amore superi ostacoli di lingua, re­ligione, appartenenza, pur in guerra. Su questa perla «che vien dal mare», con il sindaco Luigi D’Arenzo e il presidente del consiglio comunale Leonardo Di Miscia, è sorto un pro­getto in due fasi: mare a giugno e fiaba a settembre.

La sfasatura stagionale mira ad allargare sempre più verso la pri­mavera e l’autunno, il tempo di mag­gior afflusso turistico. Si comincia con Al Bano, oggi (riceverà la cit­tadinanza onoraria e presenterà il suo II sole dentro) e si chiude con la fondatrice di «Mare vivo», Rosalba Giugni, e la bandiera blu, dopo otto giorni di concerti (Pietra Montecor­vino, Renanera, Mimmo Cavallo, orchestrali di Ennio Morricone), libri (Carlo e Renzo Piano, Enrica Simonetti, Nicolò Camimeo), ospiti dal­lo sport (Carmine Abbagnale), dalla politica internazionale (il già vice presidente Niaf, e fondatore dell’Italian Language InterCultural Alliance, l’italo-statunitense Vincenzo Mar­ra), alla gastronomia in piazza (Peppe Zullo, chef internazionale)…

La rassegna (che dirigo) nasce per l’impegno di albergatori, ristoratori, associazioni di Peschici, del delegato del Comune agli eventi, Francesco D’Arenzo, di Roberto de Candia (co-fondatore del Premio letterario Caccuri), Raffaele Cariglia (marke­ting territoriale). E a settembre, la fiaba venuta dal mare sarà inter­pretata anche dagli studenti. Insomma è la comunità ad animarla.

A Torremaggiore, grazie a una os­servazione del direttore regionale per la Cultura, Aldo Patiamo, accadde qualcosa di analogo un paio di mesi fa e, in due settimane (sindaco speedy gonzales Emilio Di Pumpo), si giunse alla mostra, dopo 269 anni!, nel ca­stello dei de Sangro, del presunto modello ispiratore del Cristo velato di Napoli, e del Cristo Rivelato di Do­menico Sepe.

O ancora: che fare della collina d’argilla grazie (anche) alla quale, a Celenza Valfortore avevano una volta il reddito pro-capite più alto d’Italia?

E l’incredibile storia dell’esperi­mento social-demografico voluto da Ferdinando IV di Borbone per dare terra ai poveri, che risanò le paludi del Tavoliere e, in 250 anni, dal­l’iniziale insediamento di 410 «men­tecatti» ha portato a cinque cittadine di rigogliosa agricoltura e quasi 45mila residenti?

Insomma, non vorrei tediare, ma davvero ognuno dei nostri paesi ha nella sua storia, nei muri delle sue case, «giacimenti culturali» che han­no solo bisogno di essere valorizzati, per dare valore. Non voglio dire ai nostri giovani: non andate via, ma: prima, guardate se non avete in casa, quello che pensate di trovare altro­ve.

Giuro che non ci avevo pensato prima: ma perché ho cominciato con Peschici e da una fiaba?

pino aprile

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