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Sulle “orme” dei briganti nel Gargano descritti nella deamicisiana novella “Fortezza”

In un libro i risultati dell’indagine compiuta dallo studioso sammarchese G. Tardio


San Marco in Lamis. Il De Amicis piace sempre non solo per il capolavoro il “Cuore”, che da circa un secolo, tradotto fin dalla prima edizione in varie lingue, continua ad affascinare i ragazzi di tutto il mondo, spingendoli a coltivare gli eterni valori dello spirito: amore, sacrificio ed altruismo. Non solo, ma colpisce anche per le opere minori, come le novelle. Per esempio “Fortezza” (1872), l’unica ambientata e riferita nei fatti e nei luoghi alla Capitanata o meglio ai monti del Gargano che guardano a San Severo, rifugio sicuro per i tanti briganti che, tra gli anni 1861 – 1864, infestarono le nostre terre, affrontando in combattimenti ed agguati gli “invasori” piemontesi, al grido di “Viva il re” (Borbone) e soprattutto compiendo, nel nome della santa causa, rapine e grassazioni, vendette e uccisioni in ogni dove, a danno degli avversari o al semplice scopo di vettovagliamento. E’ una lotta all’ultimo sangue che, animata da spietate vendette, registra più sull’uno che l’altro fronte una lunga catena di barbarie. Più di un ricercatore (l’ultimo è stato Francesco Giuliani con il suo scritto edito nel 2004) ha condotto studi e verifiche, più o meno approfonditi, per identificare non tanto i protagonisti quanto i luoghi – teatro della succitata novella. Ma nessuno è riuscito finora ad appurare con prove concrete la “verità”, sia perché le zone ipotizzate, in un secolo mezzo dagli avvenimenti narrati, hanno subito modifiche consistenti ad opera della natura e dell’uomo, sia per la similitudine dei paesaggi, delle “coste” e delle “cime” che sovrastano la pianura, tutte solcate da valli e valloni e ricche di antri, grotte e nascondigli vari. Basti pensare al rifugio del brigante sammarchese Nicandro Polignone, detto Licandrone situato sulle cime di Bosco Iancuglia (versante della vallata di Stignano in agro di Rignano Garganico) o altri non dissimili fino al monte della Donna. Anche da questi posti è possibile, infatti, ammirare sia la panoramica dei monti garganici sia l’intera piana di San Severo, sia i monti della Daunia. A dirimere il dilemma ci riprova ora Gabriele Tardio, cultore di storia e tradizioni sammarchesi. Lo fa con il volumetto ( in tutto 80 pagine) dal titolo “I luoghi e la virtù della fortezza nel carabiniere della novella deamicisiana”, edizioni Smil, 2007. Anch’egli è fermamente convinto che i luoghi in cui si svolge la vicenda sono quelli di Castelpagano. Tra l’altro, dopo più di un sopralluogo, descrive i posti attraversato dal carabiniere catturato dai briganti: “Alle falde del Gargano, sotto il monte di Castel Pagano, a nord delle contrade Porcili e Castrate, come la montagna comincia ad essere più ripida, ci sono una serie di grotte che nei secoli passati sono state utilizzate sia come abitazione che ricovero per animali, ma anche come romiti di eremiti…”. La descrizione che il De Amicis fa della grotta delle sevizie sarebbe – secondo il Tardio- molto fedele alle caratteristiche fisiche di queste grotte, ma occorrerebbe fare un’indagine più approfondita dal punto di vista tecnico per saperne di più, come pure constatare la documentazione esistente riguardo alla presenza dell’uomo in questi luoghi, a cominciare dalla preistoria. Circa le testimonianze scritte cita al riguardo: il “romitoricchio” dell’Annunziata; le notizie sul ritrovamento di briganti e dei loro tesori; l’utilizzo come abitazione di pastori nel periodo della locatione di Arignano”, e così via. Secondo l’autore dell’opuscolo, a questo punto, per verificare meglio il tutto, andrebbe fatto uno scavo stratigrafico sistematico di tutti i luoghi “sospettati” per confermare che quanto scritto in novella risulti a verità.