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La “palpatina” è violenza

Gli uomini che – specie nei posti di lavoro, ai danni delle colleghe – hanno il vizio di mettere le mani addosso a seni e sederi, per repentine palpate mascherate da "scherzo", incorrono nella condanna per violenza sessuale. E a nulla serve invocare, per ottenere l'assoluzione, l'indole "scherzosa" del gesto.

Lo sottolinea la Cassazione avvertendo che lo scherzo non esclude la natura sessuale dell'atto seppur di "fugace soddisfacimento". Così i supremi giudici hanno confermato un anno e due mesi di reclusione a un fisioterapista che, "per scherzo", toccava le infermiere del centro di riabilitazione dove lavorava. Senza successo l'uomo, Giacomo C. (41 anni), ha fatto ricorso in Cassazione contro il verdetto della Corte di Appello di Torino che, il 28 novembre 2005, lo aveva dichiarato colpevole di violenza sessuale per aver toccato il seno di una collega, Germana C., "col pretesto di farle vedere una manovra fisioterapica". Non pago, si era anche avvinghiato ad altre due infermiere – Samantha A. e Rosina M. – mentre stavano sedute ad una scrivania.
Era anche solito intrufolarsi con "futili motivi, quasi ogni giorno", nello spogliatoio mentre le donne si cambiavano. Qui si dilettava ad alzare le gonne o ad infilare un righello di plastica tra le gambe delle esasperate colleghe. Che alla fine lo hanno denunciato. Innanzi ai giudici di Piazza Cavour la linea difensiva di Giacomo, tesa a sostenere la "natura scherzosa" delle sue 'imprese', non ha fatto breccia. In proposito gli 'ermellini' hanno condiviso il parere espresso dalla Corte di Appello che ha rilevato come "lo scherzo non esclude necessariamente la natura sessuale dell'atto" che, comunque, era mirato "a prendersi, con la scusa dello scherzo della manovra rianimatoria, una libertà di natura sessuale non gradita, ancorché di fugace soddisfacimento".
Così per aver palpeggiato il seno a Germana é scattata la condanna definitiva per violenza sessuale (sentenza 32257). Adesso un nuovo processo si occuperà degli altri episodi di molestia che, erroneamente, erano stati dichiarati prescritti.

 

(Fonte: ANSA)