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Molte spiagge pugliesi potrebbero scomparire

Tra le cause del fenomeno l’attività dell’uomo e l’innalzamento del livello medio del mare. L’idea: puntare sull’apporto artificiale di sabbia.
A rischio erosione le spiagge pugliesi. Su 837 chilometri di costa ben 208 potrebbero svanire. Pari a124,9 per cento. Un quarto del litorale, dunque, potrebbe diven­tare un semplice ricordo. Uno scenario allarmante, ma possibile se­condo gli esperti di tutto il mondo, convenuti a Lecce per il convegno internazionale di «In­gegneria delle coste», organizzato dal pro­fessor Roberto Tomasicchio del Dipartimento di Ingegneria dell’innovazione dell’Univer­sità del Salento, con il patrocinio dell’Iahr l’Associazione industriale dell’ingegneria idraulica e della ricerca, del Consiglio su­periore dei lavori pubblici del ministero delle Infrastrutture e dell’Associazione italiana di ingegneria off-shore e marittima. L’evento, che per la prima volta si tiene nel Salento, dopo le due precedenti edizioni all’Università della Calabria, si conclude oggi al Rettorato. Secondo uno studio del professor ‘Pomasicchio, il Molise è la regione con il tratto maggiore di costa in erosione (89,5 per cento). Seguono la Calabria (59,3), la Basi­licata (51,1), l’Abruzzo (47,4) il Lazio (34,7), le Marche (29,1), la Puglia (24,9), la Campania (22,8), l’Emilia Romagna (16,5), la Liguria (15,4), la Sardegna (15,1), la Sicilia (14,2), la Toscana (13,7), il Veneto (10,2), il Friuli (6) In sintesi, in Italia, su 7.468 chilometri comples­sivi di coste, ben 1.704 sono oggetto di una sensibile erosione. Pari al 22.8 per cento. Dallo studio emerge che le principali cause sono da addebitarsi all’uomo. «L’estrazione di materiale dagli alvei – spiega il professore – la costruzione di dighe di sbarramento, la sistemazione dei versanti dei bacini montani e la regimazione dei torrenti, se da un lato attenuano il degrado erosivo dei corsi d’ac­qua, dall’altro, però, riducono il ripascimento naturale delle spiagge». Tra le altre cause d’innalzamento del li­vello medio mare e la bonifica delle zone palustri». Senza dimenticare «la costruzione selvaggia di insediamenti edilizi e infrastrut­turali, molti dei quali realizzati su territorio demaniale, cioè in quella fascia di spiaggia attiva, sede delle naturali oscillazioni della linea di riva». Tutto questo comporta gravi ripercussioni anche sotto il profilo economico. «Il fenomeno dell’erosione – precisa Tomasicchio – minac­cia la realtà occupazionale e commerciale legata al turismo balneare che è pari a149,2 per cento del movimento turistico generale e che da sola, con un fatturato annuo di 152.354 milioni di euro, concorre all’11,7 per cento del prodotto interno lordo nazionale (pari all’1,7 per cento in più rispetto alla media mon­diale)». In considerazione del fatto che «il turismo, con le sue potenzialità di creare i117 per cento di posti di lavoro in più rispetto al comparto industriale, possa diventare l’at­tività economica principale dell’Unione Eu­ropea entro la fine del secolo, fa sì che le coste italiane siano uno dei fattori di sviluppo eco­nomico più influenti dell’economia naziona­le». Una ricerca realizzata da «Nomisma» in­dica che «il ripascimento di una superficie di 100mila metri quadrati genera mediamente, per le sole attività di spiaggia, circa tre mi­lioni di euro all’anno. Se si aggiunge anche l’indotto economico dell’area costiera, si può generare un valore economico annuo di cento milioni di euro. Per questo, in America, l’attenzione rivolta alla difesa dei litorali risale già agli inizi del secolo scorso, dunque, in largo anticipo ri­spetto all’Italia, dove i primi interventi ri­salgono al secondo dopoguerra. Ad una ini­ziale diffusione delle strutture morbide (soft) protrattasi sino agli anni Cinquanta del se­colo scorso, è seguito un maggior uso delle opere rigide (hard) esteso sino agli anni Ses­santa; dagli anni Sessanta in poi, si è avuta una nuova inversione con una maggiore dif­fusione dei ripascimenti, ossia l’apporto ar­tificiale di sabbia. Ad oggi, rappresenta il mezzo di difesa più idoneo, anche se non risolve il problema alla radice. Occorre, infatti, che esso sia perio­dicamente ripetuto per equilibrare le perdite naturali di sabbia causate dalle onde.