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CHE FINE HA FATTO L’ALGA ROSSA ?

Alcune notizie a un certo punto spariscono.

 

Ci è capitato recentemente di seguire una lezione di un famoso sociologo il quale spiegava molto bene la tecnica del “buttare in faccia una notizia”. Pare, e ce ne stiamo rendendo conto, che, per le amministrazioni pubbliche, il miglior modo per non incorrere in accuse di omissioni, mancato interessamento, inefficienza e conseguente disapprovazione cittadina, sia quello di “spiattellare”, e il più in fretta possibile, le notizie…soprattutto quelle di interesse comune e che riguardano la salute pubblica. E’ un po’ quello che è successo con la famosa “alga rossa” che ha infestato la diga di Occhito. Ma qualcuno ci ha spiegato cos’è, quali sono le cause scatenanti la fioritura batterica, quali i rischi per la popolazione, quali le azioni intraprese dagli organi di competenza, quali le prospettive future?
Un mare di notizie…spesso incoerenti fra loro e talmente confuse e frammentarie da distogliere l’attenzione anche del cittadino più attento ed interessato alle problematiche ambientali. La planktothrix rubescens, comunemente chiamata alga rossa, non è altro che un batterio organizzato in piccoli segmenti detti tricomi…come un pezzetto di una collana di perle, per intenderci. E’ dotato di vacuoli gassosi, piccole vescicole di aria, che le permettono, a seconda delle condizioni climatiche più o meno favorevoli, di risalire in superficie o ritirarsi più verso i fondali. La temperatura ottimale di crescita si aggira intorno ai 18°C ecco perché si sviluppa maggiormente in periodi primaverili ma anche di fine inverno.
Facendo una semplice ricerca su internet, ci si rende conto che quello dell’alga rossa è un problema molto diffuso e non solo nel nostro paese dove si annoverano numerosi casi, dal lago di Como a quelli dell’Umbria, da quelli laziali di Nemi e Albano a quelli siciliani, ma anche a livello europeo come in Svezia, in Svizzera e così via. Fin qui niente di preoccupante anche perché tutti siamo abituati a pensare “mal comune mezzo gaudio” nel senso che sapere che esistono tanti casi al mondo, un po’ ci tranquillizza e un po’ ci fornisce l’alibi per giustificare la presenza di un grosso problema “anche” nel nostro territorio. Quello che però allarma e dovrebbe farci tremare, è pensare che il nostro è l’unico caso in cui l’acqua contaminata di cui parliamo è acqua destinata all’uso umano.
Continuiamo a fare ricerche e scopriamo che nel Lazio, addirittura, per lo stesso problema hanno interdetto la balneazione: noi invece continuiamo a berla, ci laviamo, cuciniamo le pappe per i nostri bambini e dal 10 aprile c.a. irrighiamo i campi dopo intere settimane durante le quali, causa le forti piogge, le paratoie della diga di Occhito, sono state aperte per svuotare il lago, e centinaia di metri cubi di acqua “grezza” (non trattata) sono stati riversati nel fiume Fortore fino a raggiungere il mare aperto. Le autorità ci assicurano che l’acquedotto pugliese ha attivato tutte le misure necessarie alla tutela della salute cittadina. Sono stati montati, per ora, filtri a carbone attivo misti a filtri a sabbia i quali saranno sostituiti interamente a settembre dai primi, più efficienti. Questi filtri a carbone attivo sono filtri “speciali” che dovrebbero trattenere il batterio ma soprattutto le microcistine. Ma cosa sono le microcistine? Sono molecole tossiche (non tutte!) prodotte e rilasciate all’esterno dall’alga. Documentandosi però si scopre che questi filtri “speciali” di cui l’acquedotto si doterà in tempi brevi, in realtà sono stati previsti per la risoluzione di un altro problema: i trialometani…ma questa è un’altra storia. Quello che a noi interessa sapere e farvi sapere, è che, nonostante questi filtri, parte delle cellule batteriche e parte delle microcistine, si ritrovano ancora nell’acqua che raggiunge le nostre case. Scopriamo ancora, però, che dopo la filtrazione, l’acqua subisce un altro trattamento, stavolta chimico, la “clorazione”, che non è altro che un sistema di disinfezione dell’acqua e che, in quest’ultimo periodo, l’acquedotto ha aumentato la concentrazione di cloro per essere certi che tutto ciò che di vivo rimane nell’acqua, sia distrutto. Ma l’iperclorazione non è dannosa per l’uomo? Ci saranno dei motivi che hanno spinto le autorità a stabilire dei tetti massimi di concentrazione di determinati reagenti da non superare? Ma anche questa è un’altra storia…e non confondiamoci le idee…già abbastanza confuse!
Un’ultima questione, non meno importante delle altre, è chiedersi quali siano le concentrazioni di microcistine dannose per l’uomo. Innanzitutto sfatiamo il mito della bollitura dell’acqua. Le alte temperature (100°C) sono un ottimo sistema per assicurarsi che non ci siano “esseri viventi” nocivi nell’acqua. Il problema, in questo caso però, non è legato al batterio in sé, che, con la clorazione (di cui abbiamo parlato), già muore, ma delle microcistine che, non essendo termosensibili, non vengono eliminate dalla bollitura, anzi, semmai, l’evaporazione dell’acqua porta ad un aumento della loro concentrazione. Quello che dovrebbe anche preoccupare è il fatto che, non essendo disponibili dati in letteratura scientifica, nessuno sa se la clorazione dell’acqua possa portare a “sottoprodotti” delle microcistine né se l’assimilazione di queste, da parte delle piante (irrigate regolarmente con l’acqua non trattata dal 10 aprile!), possa o meno essere dannosa per l’uomo. Quello che appare certo è che esistono studi condotti dall’Istituto Superiore della Sanità, che parlano di danni acuti all’uomo conseguenti l’ingestione di elevate concentrazioni di microcistine ma anche e soprattutto di danni cronici, quei danni cioè provocati da lente ma continue ingestioni di piccole quantità di microcistine che porterebbero a tumori epatici e renali.
Le cause di questa fioritura algale? Non si conoscono: si parla di squilibri nei rapporti di azoto e fosforo, nutrienti regolarmente presenti negli ecosistemi ma che, in conseguenza soprattutto di eccessi e abusi nell’utilizzo di fertilizzanti, si ritrovano in quantità tali da provocare sconvolgimenti ambientali.
Numerosi “tavoli tecnici” sono stati istituiti non si sa se per reale preoccupazione o per facciata politica. Tutti concordano su un’unica cosa: di sicuro il problema era presente già da diversi anni ed i tempi per la comprensione e la minimizzazione del problema saranno lunghi.
Quel che è anche certo è che l’alga non è scomparsa, attende di ripresentarsi il prossimo anno non appena le temperature saranno di nuovo a lei favorevoli; in più, a detta del prof. Fulvio Cerfolli, non esiste un solo caso in cui il problema sia stato risolto.
Sarebbe dunque il caso di preoccuparsi un po’ di più della nostra salute e di chiedersi, nonostante ci dicano che le concentrazioni minime di microcistine dannose non sono state mai raggiunte e che l’acqua a noi destinata non sia proveniente solo dalla diga di Occhito ma venga miscelata ad “acqua buona” (con effetto diluizione), il perché sia stato chiuso dalla ASL in data 14/05/2009 un impianto di cozze (principali filtratori delle acque e quindi bioaccumulatori di varie sostanze) e il perché sulla Gazzetta del Mezzogiorno sia stato riportato quanto segue:
“Siamo stati noi, dell’Istituto Superiore di Sanità, a suggerire alla Provincia di Campobasso di inibire la pesca nell’invaso; stessa cosa ha fatto nei giorni successivi la Provincia di Foggia, ma non perché ci sono rischi nel pesce, ma solo per evitare che qualche persona distratta venga a contatto con l’acqua dove ci sono concentrazioni elevate delle tossine”.
…Ma chi fa solo informazione viene poi accusato di terrorismo psicologico!
Carmela Lombardi
Comitato cittadino "Salute e territorio" – Troia