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Cupole peschiciane: non “croce” ma “delizia”

Cupole di Peschici: delizia e croce di una terra che non conosce soluzione alla continuità delle sue sofferenze. Delizia, per averne decretato la notorietà in tutto il pianeta; croce, perché continuano a sparirne a decine. Abbiamo fatto nostra, da sempre, sia sul cartaceo sia su questo sito, la “battaglia” del geologo locale Stefano Biscotti, finanche portatore di una soluzione. L’11 aprile 2008, alla vigilia del primo Consiglio Comunale dopo le elezioni, ne pubblicammo l’appello ai nuovi amministratori, in cui fra l’altro si ammoniva: “Abbiamo massacrato il nostro paese con scatoloni orribili a tetti piatti, piatti come la mente di chi li ha concepiti, a rinnegare una cultura architettonica che aveva reso Peschici unica, una cultura che vogliamo a tutti i costi cancellare e rinnegare, come scomoda e agonizzante realtà”.

E poi, invocando “una semplice ma efficacissima DELIBERA DI CONSIGLIO COMUNALE”, in attesa del nuovo Piano Urbanistico Generale, lanciava l’idea di una progettazione di tutti i nuovi fabbricati “esclusivamente con tetto a cupola o a botte: una rivoluzione che nel giro di un decennio porterebbe lentamente a riconfigurare l’aspetto edilizio, specie nelle zone extraurbane”.

Ebbene, da adesso, tutto ciò sarà possibile. La Regione Puglia, lo scorso 27 ottobre, ha emanato una legge (la n. 26) per la “Tutela e valorizzazione del sistema costruttivo con copertura a volta” al fine – si legge nel testo – di conservare e promuovere le costruzioni tipiche e a volta del territorio pugliese, con l’obiettivo di tutelare e valorizzare le tecniche costruttive tradizionali, “riconoscendole come elementi caratterizzanti della storia, della tradizione e della cultura della popolazione pugliese”.

Scendendo nel particolare, la Regione pensa, con l’art. 2 della legge, a incentivare l’utilizzo delle tipologie di copertura a volta e la conservazione delle stesse, promuovendo “progetti formativi, anche in collaborazione con Università, enti territoriali preposti e associazioni di categoria, per la trasmissione e la conservazione delle conoscenze tecniche e applicative necessarie alla realizzazione di tali strutture”.

Signori – rivolgendoci a chi di dovere – il gioco è fatto! Sì, perché nel testo si prevede tutto: le nuove costruzioni, le sopraelevazioni, la demolizione e successiva costruzione, e – udite, udite! – il … finanziamento! Al riguardo riportiamo pari pari il comma 1 dell’art. 5: “La Regione Puglia, al fine di favorire l’utilizzo di materiali e manufatti tradizionali e delle tecniche tipiche locali di costruzione, incentiva l’inclusione degli interventi di manutenzione, restauro e ripristino delle costruzioni tipiche a volta nei programmi integrati di rigenerazione urbana di cui alla legge regionale 29 luglio 2008, n. 21 (‘Norme per la rigenerazione urbana’), e in ogni altro strumento di pianificazione e programmazione orientato al recupero edilizio e alla riqualificazione urbana. Tale inclusione rappresenta criterio di valutazione nell’erogazione dei finanziamenti destinati alla riqualificazione urbana”.

Ma “cosa vuoi di più dalla vita”, suggerisce un famoso spot pubblicitario. E il di più ve lo serviamo subito su un vassoio d’argento. Infatti, il comma 2 dello stesso articolo recita: “La Regione Puglia promuove altresì progetti culturali rivolti alla formazione e all’aggiornamento di operatori tecnici e professionali, in maniera da garantire la trasmissione delle conoscenze e delle esperienze necessarie alla realizzazione delle strutture a volta. L’inclusione di detti progetti, previsti all’articolo 2, nelle graduatorie previste per l’erogazione dei finanziamenti destinati alla formazione professionale, può usufruire di criteri di valutazione di priorità”.

Tutte le carte, a questo punto, sono sul tavolo, Chi saprà giocarsele meglio avrà vinta la partita, una partita che non può vanificarsi nella sfrenata e smodata voglia di apparire “cittadini” (nel significato di abitanti di città) a tutti i costi preferendo "orribili" strutture scatolari e lasciandoci alle spalle un’architettura secolare, rappresentazione di un tempo in cui, come si legge su qualche richiamo commerciale del posto, “regnava una dignitosa povertà”.

Piero Giannini