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Apricena/ Antonio Masselli vince il premio letterario «Giuseppe Schiavone»

Riflettendo sul profondo dissidio tra bisogno di conoscenza e limiti morali dell’uomo di tutti i tempi.

 

L’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Federico II”di Apricena, per ricordare il suo brillante ex studente Giuseppe Schiavone (prematuramente scomparso a soli 22 anni), ha organizzato un concorso letterario, finanziato interamente dalla famiglia Schiavone, dal titolo “Un premio per ricordare Giuseppe”.
A vincerlo è stato il giovane liceale apricenese Antonio Masselli, riflettendo sulla figura di Ulisse nella Divina Commedia, “emblema – come recitava la traccia – del profondo dissidio tra bisogno di conoscenza e limiti morali dell’uomo di tutti i tempi”. “L’elaborato vincitore – a parere della Commissione giudicatrice –  ha fatto un parallelismo assai interessante tra Ulisse e gli uomini che oggi provano a spingersi oltre i limiti della natura, come ad esempio gli scienziati”. Qui di seguito pubblichiamo l’elaborato del vincitore, cui auguriamo una brillante carriera letteraria e giornalistica, essendo questa la sua più grande aspirazione.
  
C’era una volta un leone, seduto con suadente tranquillità sul terreno. Osservava quanto fosse fragile il mondo che lo circondava. Ad un tratto, una gazzella impaurita elevò il suo capo dai cespugli troppo scarni per proteggerla dalla visione di occhi indiscreti. Il leone aguzzò lo sguardo e, con irriverente facilità, addentò la pietosa gazzella. Il processo morale perse di significato, lasciando spazio ad un cinico e, troppo spesso, spudorato processo evolutivo. Poi mi guardo intorno ed osservo sorpreso quanto sia sbalorditivo il mondo che ci circonda. Un computer, una casa, la corrente elettrica, la tv, la medicina, la chirurgia. Tutto ad un tratto il suono stridulo della gazzella mi torna in mente. Chi è il leone, chi la gazzella? A volte mi chiedo quanto sia crudele il leone. Poi mi riguardo intorno ed osservo macchine, i pod, mp3, telescopi, microscopi. Ne è valsa la pena? Ecco la domanda fondamentale. In ogni processo morale, economico, sociale, ci poniamo di fronte a delle scelte e la domanda ricorrente che attanaglia la nostra mente suscita sconforto, ci lascia un vuoto troppo profondo per essere colmato. E’ stata la scelta giusta? Non lo sapremo mai. Non lo sapremo mai, perché è a noi ignoto il significato stesso di morale. Percezione intuitiva di ciò che è bene e di ciò che è male. E’ il significato stesso di morale che mi lascia perplesso. Non è una percezione universale di ciò che è bene e di ciò che è male, ma solo intuitiva. Il processo morale lascia spazio ad un relativismo di onnipotente miscredenza. Non posso definire ciò che è giusto, perché sono io stesso a non saperlo. Nel mondo primitivo era giusto uccidere il prossimo, per spirito di sopravvivenza, nel medioevo era giusta la caccia alle streghe, perché considerate strumento demoniaco. Nel corso del tempo il giusto diviene sbagliato, l’errore diviene fonte di ispirazione e di cultura ed il tutto lascia spazio ad un relativismo senza eguali. L’Ulisse dantesco non esprime il dissidio tra bisogno di conoscenza e limiti morali, semplicemente perché Ulisse sa che ciò che sta per affrontare è folle, ma per lui giusto. Per Ulisse il processo conoscitivo in quanto giusto diviene anche processo morale. Gli Ulisse dei tempi moderni sono i ricercatori, gli scienziati, tutti coloro che si dedicano alla ricerca e all’evoluzione. Pensiamo al mondo in cui viviamo. Cosa sarebbe diventato il nostro mondo qualora il processo conoscitivo avesse lasciato spazio a quello morale? La risposta è semplice, non sarebbe stato il nostro mondo. In realtà la morale non esiste, è solo un bisogno che ha l’uomo di porsi dei limiti. Limiti che tuttavia nel corso del tempo vengono sciolti dal proibizionismo iniziale, per ergersi verso nuove ed inattese sommità. Il processo morale è affascinante, ma fa sprofondare l’uomo, in una fase di incertezza perenne. Mi provoca una forte ilarità osservare Ulisse, rinchiuso nei cerchi infernali. Eroe, intelligente, avventuriero. Di che colpa si è macchiato Ulisse se non quella di conoscere? Non condanno Dante perché vittima di una visione dogmatica della realtà, come quella apportata nel medioevo. Condanno la moralità dell’uomo Dante. Comporre un’opera come la Divina Commedia ha comportato un superamento dei limiti non solo letterari, ma anche e soprattutto morali. Prediligere una scelta a discapito di un’altra ha causato un crollo del processo morale. Condannare un uomo, salvandone un altro, significa ergersi al di sopra del narcisismo di onnipotenza. L’uomo diviene eroe quando si erge al di sopra della massa. Jim Hendrix, elevandosi al di sopra della moralità musicale, ha apportato una novità fantastica come quella della distorsione, ormai utilizzata da ogni rock band. Se i partigiani non avessero superato il processo morale, l’Italia non sarebbe ancora libera. Se Galileo si fosse conformato alla moralità cristiana, la terra sarebbe ancora il perno dell’universo. La morale troppo spesso diviene dogma, legge. La legge non lascia spazio ai liberi pensieri. Il ricercatore è considerato un sognatore o un folle. Il rivoluzionario un guerrigliero. Lo scienziato non viene valutato in base alla qualità delle sue ricerche, ma dal tipo di ricerca che non deve essere eccessivamente innovativa. L’uomo ha paura di accettare ogni segnale che lo può cambiare, perché gli fa paura ciò che succederà qualora si sentisse uguale. Ma nulla è per sempre. La morale, la politica, le persone, l’economia. Siamo soggetti al divenire, non possiamo opporci. Il tempo è una variabile determinante, non possiamo opporci. Il tempo è una variabile determinante, non ci sono costanti. Se l’uomo cambia, la morale cambia. Tutto è giusto, tutto è sbagliato. Questo è il relativismo morale. L’ evoluzione incalza, il processo morale perde di significato. Il leone vince, la gazzella perde. Ad un tratto, tra i cespugli, spunta un serpente. La nuova Gerusalemme si sta delineando.

Antonio Masselli