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Vendola, mi candido per sparigiliare

Dopo tre giorni di dibattiti, incontri e seminari nelle «Fabbriche di Nichi», riunite a Bari sotto il sole infuocato del week end di luglio, l’attesa ufficializzazione è arrivata: Nichi Vendola si candida a premier per «ricostruire il cantiere dell’alternativa» e a «sparigliare i giochi» di un centrosinistra «asfittico» che non è stato in grado «di fare un discorso capace di interpretare la crisi del mondo, la crisi del’Europa e quella dell’Italia». Il leader di Sinistra Ecologia e Libertà e presidente della Regione Puglia lo annuncia sottolineando l’urgenza di dare una risposta alternativa alla «crisi in cui il centrodestra si dibatte» e dicendosi d’accordo sul «no» all’ipotesi di un governo tecnico pronunciato da Tremonti, ma per motivi opposti a quelli del ministro dell’Economia. «Non credo che ci sia la possibilità di lavorare per un governo tecnico o per un governo di larghe intese – dice – perché si è consumata una stagione politica. Abbiamo bisogno di chiudere questa esperienza, di liquidare il berlusconismo e di tornare alle urne».

Ancora una volta, come avvenne nella prima candidatura a governatore pugliese nel 2005 e nella seconda del 2010, tutte inizialmente osteggiate dai Ds prima e dal Pd poi e tutte passate per le primarie, il leader di Sinistra Ecologia e Libertà gioca d’anticipo sugli alleati riluttanti chiedendo al centrosinistra di coinvolgere gli elettori nella scelta del candidato premier. «Le primarie non sono una minaccia per il Pd o per il centrosinistra – spiega – sono una minaccia per la cattiva politica, sono una espressione parziale ma fondamentale di buona politica, sono la riappropriazione da parte di un popolo di scelte fondamentali».

Vendola affonda sulla «crisi del centrodestra» e del berlusconismo facendo riferimento anche all’inchiesta sulla nuova P2, e definendo una «vergogna» il dovere ascoltare le parole di Cosentino nei giorni in cui si ricorda l’uccisione del giudice Borsellino nell’agguato di via D’Amelio. «Che vergogna in questo Paese che ha dimenticato il sangue tornare a inciampare in quelle uova di serpente che furono covate da eversori di ogni tipo, da poteri criminali con le loro tentacolari ramificazioni dentro i gangli vitali dello Stato, e trovarci ancora assediati dalle parole e dalle azioni di una pletora di mafiosi e di massoni deviati, di faccendieri, affaristi».

Ma la critica è anche alla sinistra che «non sa pronunciare parole chiare sulla voglia di cambiamento radicale» e che continua a coltivare una certa «simpatia per la sconfitta». «L’obiettivo è vincere – dice – e la prima regola per vincere è che questo verbo non venga coniugato in un luogo separato rendendo quella vittoria un obiettivo insignificante fuori del palazzo». «Non è la vittoria di uno, di un partito o di uno schieramento, ma la vittoria di tanti, di un popolo che si alza in piedi e alza la testa». Lo slogan è, quindi, per Vendola «cercare di vincere senza avere paura di perdere».

Infine, per non lasciare dubbi sul ruolo delle Fabbriche chiarisce, che non sono un partito e che agiranno in autonomia anche da Sel. «Sono l’equivalente – spiega suscitando qualche mugugno tra i giovani che lo ascoltano – di quello sono stati a destra i meeting di Comunione e Liberazione di Rimini: il più importante incubatore di nuove culture e di nuovi pezzi di classe dirigente». Per questo, annuncia, l’appuntamento delle Fabbriche diventerà annuale.