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Vieste/ Caso Mafrolla, presto autopsia e i genitori tornano nella scarpata

Dopo aver avuto il coraggio di guardare i resti del proprio figlio su un tavolo di un obitorio a quarantott’ore dal ritrovamento nella scarpata di Vieste, hanno avuto anche la forza di tornare a sbirciare proprio là, lungo quel costone per quattro mesi misera tomba del loro ragazzo, Michele Mafrolla, il ventisettenne ucciso in circostanze ancora misteriose e il cui corpo è stato poi buttato lungo un crinale in località Vallone dei Palombari. I genitori di Michele entrambi anziani sono scesi giù per vedere, capire e semmai scoprire qualcosa.

 ‘E guardandosi intorno qualcosa l’hanno trovata: la patente di guida, la sua carta d’identità, una delle scarpe, divenuti ricordi strazianti di un dolore infinito. Il papà e la mamma erano andati a depositare un mazzo di fiori, si erano incamminati lungo quella scarpata divenuta una discarica. E tra elettrodomestici e rifiuti ecco spuntare gli effetti personali di Michele, quelli che erano sfuggiti alle ricerche di investigatori e dei volontari cerignolani che per primi, in ispezione per un allerta meteo in quei giorni sul Gargano tra Mattinata e Vieste, si imbatterono nei resti di un corpo indecifrabile, poi riconosciuto dai genitori Mafrolla. Tutto il materiale è stato consegnato ai carabinieri che a loro volta lo hanno trasferito agli uffici della Procura che sta conducendo le indagini sull’omicidio, un caso di lupara bianca. In settimana sarà effettuata l’autopsia su quel che resta del cadavere, sbranato dagli animali selvatici, cani e cinghiali di cui la zona pullula. Come è noto la Tac nei giorni scorsi rivelò la presenza di frammenti di metallo, all’altezza del torace. Un chiaro indizio che Michele sia stato ucciso e scaricato nel canalone. Ma da chi e perchè? Sono questi gli interrogativi cui dovrà cercare di dare risposte l’inchiesta avviata e alla quale si cerca di dare una accelerata in queste ore. Michele, scomparve 4 mesi fa da Vieste, da quando, alle 20 di quella calda sera d’estate, uscì di casa in sella al suo scooter, dicendo alla madre che sarebbe tornato di lì a poco. Immediatamente dopo la sua sparizione gli inquirenti passarono al setaccio la vita privata del ragazzo e della sua giovanissima fidanzata di 17 anni che a settembre – lo ricordiamo – ha dato alla luce una bambina che porta proprio il nome di Michele. Secondo gli investigatori il movente di questa scomparsa finita nel sangue ruoterebbe intorno alla paternità del neonato. La famiglia Mafrolla aveva affermato, nel corso di uno dei tanti appelli lanciati alla trasmissione televisiva di Rai Tre "Chi l’ha visto?", che Michele era ben consapevole di non essere, lui, il padre della bambina. Voci di paese, avrebbero attribuito ad un altro giovane viestano, la paternità. E chissà se dietro questa storia che nulla ha a che
fare in maniera diretta con la mafia garganica si cela anche la risposta ad un enigma che galleggia sull’epilogo della scomparsa di Michele Mafrolla. Una storia con un agguato tipicamente garganico.

La Gazzetta del Mezzogiorno