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“La febbre da morso” invade Vieste

La malattia è comparsa a seguito dell’invasione di ratti, cioè di zoccole, cioè di mafiosi. Si manifesta con il menefreghismo, il vivere e lascia vivere doc dei viestani, ma anche con la tanta paura! E’ la contaminazione della merda dei rattimafiosi. Saranno i bambini a salvare Vieste? A loro è dedicato questo racconto, che nella loro semplicità riescono a vedere molto meglio dei grandi quanto assurdo e inutile sia il sistema mafioso, e non riescono a capire perché si debba convivere con le cose cattive nel mondo.

 

Gli abitanti di Vieste si ritenevano fortunati. Il sole splendeva sempre, la pioggia cadeva poco, specie durante l’estate, e il mare era davvero splendido. Vieste era un posto unico.

C’erano un Municipio, negozi, chiese, tanti alberghi e villaggi turistici e soprattutto tante banche. C’era pure la scuola elementare: si chiamava Gaetano Dellisanti, come il poeta che per più di mezzo secolo aveva descritto in versi il tantissimo sole, le pochissime piogge, gli abitanti viestani e il meraviglioso mare della sua città paradiso.

Ma le belle cose, si sa, vanno coltivate come fiori. E da qualche tempo a Vieste la bellezza cominciava piano piano ad appassire. Nel paese cominciò a circolare una strana malattia.

E nessuno ne voleva parlare. Una mattina alcuni abitanti di Vieste si erano svegliati diversi dal solito. Per prima cosa erano spuntate delle lunghe orecchie. Poi erano comparse altre braccia e occhi bizzarri.

Insomma, alcuni cittadini giovani o vecchi, poveri o ricchi cominciavano a trasformarsi in veri ratti, alcuni in zoccole!

Eppure, a Vieste, la vita  continuava più o meno come prima. Certo, ogni tanto c’era chi, guardava con un certo sospetto quegli uomini rattimati. Poi, un giorno, qualcuno cominciò a interessarsi più da vicino a quella strana malattia.

L’imprenditor , primario TURISTICO per grazia ricevuta, pensò di chiamarla così: “ci troviamo di fronte a una chiara epidemia di…merda di mafia!”.

Il giorno dopo, però, una coppia di Homini sospetti fece visita al medico. La sua diagnosi allora cambiò, e da quel momento non pronunciò mai più la parola "MAFIA".  “Trattasi, a ben vedere,– disse l’imprenditor FOTTUTO TURISTICO –  di normalissima influenza stagionale…passerà…!

I sintomi della febbre del morso mafioso, però, a Vieste, erano ormai sotto gli occhi di tutti. Chi ne veniva colpito non solo era rattimato  nell’aspetto, ma si comportava in un modo che non potremmo definire se non …”CATTIVO”.

In verità, prima di cambiare in tutta fretta la sua diagnosi il dottor  rattimato –imprenditore FOTTUTO……..si era chiesto se fosse davvero quell’orribile aspetto a far diventare i cittadini di Vieste, oppure il malanno fosse semplicemente dovuto alla nuova moda di mangiare un cornetto al cioccolato per colazione invece del solito pane e pomodoro.

Gli Homini….., nel frattempo, garantivano protezione ai negozianti e operatori turistici di Vieste, in cambio di denaro. Promettevano che se ogni mese gli avessero consegnato puntualmente 400 euro, nessuno (nemmeno loro, è chiaro) avrebbero dato fuoco agli esercizi commerciali.

Ma non diventavano mica ricchi quegli Homini …… anche se a far due conti uno lo potrebbe pensare. In realtà, buona parte di quello che loro prendevano ai negozianti di Vieste erano costretti a ridarli al signor Volpetti.

Il signor Volpetti, a quanto pare, era stato il primo a trasformarsi. Solo che in tanti, a Vieste, avevano fatto finta di non vedere perché lo reputavano una persona potente, di quelle che è meglio non disturbare mai.

Volpetti (lui sì) si arricchiva, con i soldi dei negozianti e operatori turistici rattimati FOTTUTI, permetteva ad altre persone cattive di tirare a campare per un po’. Lui, il signor Volpetti, non potremmo definirlo in altro modo se non un…”BOSS”.

Così, grazie agli Homini e ad altri complici, e grazie al silenzio e alla paura degli abitanti di Vieste, Volpetti diventava ogni giorno più ricco, potente e temuto.

Anche nella scuola "Gaetano Dellisanti" qualcuno cominciava ad avvertire i primi sintomi della malattia.

Ad esempio Antonino, uno dei figli di un amico di Volpetti. Tanto che qualcuno cominciò a sospettare che quella fosse una malattia contagiosa. Antonino, quando era in casa, viveva nel terrore di essere sgridato dal padre.

Quando era a scuola, invece, passava le giornate terrorizzando i compagni di classe. Non potremmo definirlo in altro modo se non un…”BULLO”. I compagni di classe di Antonino avevano parecchia paura di lui: il bullo pretendeva con le minacce le merendine degli altri, schiaffeggiava chi non gli passava le risposte giuste durante i compiti, e non temeva neppure la maestra Vincenzina.

Anche Alberto era stato preso di mira da Antonino. Ma i suoi genitori, molto diversi dagli amici di Volpetti, gli avevano insegnato a non aver mai paura dei prepotenti. Peccato che Alberto avesse paura eccome di Antonino! Un giorno, ad esempio, Antonino rubò ad Alberto il suo diario.

E una volta scoperta l’assenza del prezioso oggetto, per Alberto non fu difficile immaginare chi fosse il colpevole. Così rivelò il suo sospetto alla maestra, e Antonino lo venne a sapere.

Il bullo passò subito alle minacce ritagliando un pezzetto della copertina del diario e recapitandolo ad Alberto. Se a scuola Antonino avesse studiato, avrebbe scritto:  SE VUOI RIVEDERE IL TUO DIARIO DEVI PORTARMI UNA MERENDINA AL GIORNO PER UNA SETTIMANA”.

Antonino e suo padre si somigliavano sempre di più nelle loro fattezze rattimofaggiesche.

La trasformazione del giovane Antonino, in particolare, continuava velocissima. Le giornate a Vieste, passavano una dopo l’altra come se tutto fosse stato sempre così, e mai sarebbe potuto cambiare. Il signor Volpetti continuava a minacciare, ingannare e spaventare gli altri cittadini senza che qualcuno osasse ribellarsi. Antonino, dal canto suo, imitava il padre tra le mura della scuola.

Nessuno aveva il coraggio di criticare le loro malefatte, e nessuno credeva di potersi difendere dalla terribile malattia della febbre del morso.

Gli abitanti di Vieste avevano paura di parlare, di farsi visitare, di denunciare.

Non potremmo definire questa paura in altro modo se non … "OMERTÀ".

L’omertà, anche secondo alcuni illustri PRIMARI FOTTUTI viestani, non era che un sintomo della malattia chiamata "MAFIA".

E la teoria venne confermata quando la trasformazione da cittadino in rattimofaggio (zoccola+scaramon)si diffuse in tutta Vieste anche fra le persone apparentemente sane.

Nel giro di qualche settimana, la maestra Vincenzina, Alberto e i suoi genitori furono tra i pochi a non mostrare i sintomi del morbo rattimofaggio.

La maestra Vincenzina e Alberto notavano con dispiacere come tutta la classe stesse seguendo l’esempio di Antonino.

Ora i compagni non si limitavano a subire soprusi in silenzio, ma cominciavano a comportarsi come lui.

Una mattina, nella solita confusione, Alberto trovò a terra proprio vicino al banco di Antonino, un oggetto molto familiare…. Il suo diario (proprio quello) era stato “riciclato” da Antonino, che lo aveva fatto suo.

Alberto chiese alla maestra Vincenzina cosa poteva significare quel ritrovamento. Com’era possibile che un super bullo come Antonino potesse perdere tempo in una cosa così sciocca?

Ma non capisci, caro Alberto? Vuol dire che in fondo Antonino non è tanto diverso da te o dagli altri bambini….

Alberto capì che poteva cambiare le case, e decise di affrontare in prima persona Antonino.

All’improvviso non gli pareva più così imbattibile.

Il comportamento di Alberto non potremmo definirlo in altro modo se non … "CORAGGIOSO". Cercando di non farsi intimidire, Alberto gli disse: «Ho visto per terra il tuo diario, e ho notato che è un po’ malmesso. Visto che dovevo comprarne uno nuovo per me, ho pensato di farti un regalo.»

Antonino si commosse. Nessun compagno, fino a quel momento, gli aveva mai regalato qualcosa. E lui non aveva mai avuto un diario tutto e davvero suo.

Quel piccolo gesto sembrò cambiare Antonino. Il bullo aveva provato su di sé che una piccola azione onesta e gentile poteva far tanto bene all’umore.

E lo avevano capito anche gli altri compagni di classe, che cominciavano a provare fastidio per il loro aspetto sempre più rattimofaggiato, e vedevano com’era felice Alberto senza aver contratto quella disgustosa malattia.

Ispirati dai comportamenti di Alberto, che continuava a cercare di far guarire Antonino con altri gesti gentili, gli altri compagni cominciarono a non mostrarsi più spaventati, a rifiutare ogni minaccia.

Prima iniziarono a coinvolgerlo nei loro giochi. E capirono che Antonino era più sfortunato degli altri perché aveva un padre cattivo.

Il giorno del suo compleanno, poi, gli organizzarono una festa e gli fecero dei regali. Antonino allora cominciò a capire che era più bello ricevere pacchetti infiocchettati donati con il cuore che merendine ottenuto con la paura.

Tutto il suo mondo crollò travolto da un mare di solidarietà!

Per la seconda volta in vita sua pianse di gioia. Non avrebbe mai creduto che si potesse piangere perché si era tanto felici, ma cominciava quasi a prenderci gusto! Gli alunni della “Gaetano Dellisanti” raccontarono a casa quanto era avvenuto a scuola.

In pochi giorni la storia del cambiamento di Antonino fu sulla bocca di tutti a Vieste.

I genitori ascoltarono con curiosità i racconti dei figli, e come il profumo dei cornetti appena sfornati, il coraggio si fece subito largo tra le piccole vie di Vieste.

Quello che i ragazzi subivano a scuola non era poi tanto diverso da quello che succedeva ai cittadini per colpa dei Volpetti e degli altri mafiosetti rattimofaggiati della città.

Con qualche cartellone, vecchi lenzuoli, pennarelli colorati e una buona dose di coraggio, scesero tutti per le strade di Vieste a gridare la loro VOGLIA DI LIBERTÀ dai bulli di ogni tipo e di tutte le età!

I sintomi della malattia di…merda di mafia cominciarono piano piano a sparire. E un po’ per merito di tutta quella gente coraggiosa, un po’ per il cambiamento del figlio Antonino, anche quell’amico di Volpetti cominciò a mettere in dubbio la sua vecchia condotta di vita. “E..dai coraggio papà..

Solo il signor Volpetti, capo supremo di tutti i rattimofaggiati, restò chiuso nella sua villa come se niente fosse successo, e completò la sua trasformazione diventando un piccolo e disgustoso rattoscarafaggio.

In cerca di cibo, la sera prima del grande corteo, Volpetti aveva lasciato la sua sfarzosa residenza … e per finire (ahi!) schiacciato sotto i piedi della gente di Vieste, mentre cercava di accaparrarsi almeno una briciola di pane.

Quando si sparse la voce che si poteva davvero guarire dalla malattia la febbre da morso, anche i più pigri si unirono agli altri.

Tutti capirono che quello strano malanno dovuto alla contaminazione della merda dei rattimafiosi non aveva portato niente di buono per la città di Vieste. Non potremmo definirla in altro modo se non una grande VITTORIA”!

A tutti i viestani affinchè possano tornare ad ascoltare il bambino che è dentro ognuno di loro…”

n.

“La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”

Paolo Borsellino

 

 

 

 

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