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Vieste/ Processo “I Tre Moschettieri”, cade l´aggravante del metodo mafioso (3)

Grasso. “Contento a metà”. L’ex procuratore Domenico Seccia preferisce non parlare.

 

 Non parla né di amarezza, né di felicità il numero uno di Antiracket e Fai, Tano Grasso; presente a Foggia per la let­tura della sentenza del processo Tre Moschetteri. "Sono sentimenti che non mi riguardano quando ci sono le sen­tenze" spiega Grasso, che ai pochi cronisti presenti dice: "Diciamo che sono contento a metà. Da una parte c’è la sentenza che addirittura stabilisce condanne superiori a quanto richiesto dal pubblico ministero. Dall’ altra, però, c’è un dato di fatto spesso ricorrente per quanto riguarda, i processi ai clan garganici: non è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa. Allora mi chiedo: quando verrà rico­nosciuta? Quando si capirà che nel Gargano opera la mafia?" Parole a tratti dure quelle del numero uno dell’Antiracket, che commenta così a caldo la sentenza letta dal giudice Carlo Protano che ha condannato a sei anni Luigi Notarangelo, e a cinque ciascuno Giuseppe Notaran­gelo e Girolamo Perna, oltre a riconoscere un risarcimento pari a cinquemila, euro, per ognuna delle parti civili co­stituitesi nel corso del processo. Insomma, da una parte ci sono associazioni che si battono per la legalità che riconoscono il mo­dus operandi tipico della mafia, per certi ambienti delinquenzia­li che operano nel Gargano, men­tre dall’altra c’è una – giustizia sempre più convinta dell’ assen­za dell’aggravante mafiosa per gli imputati, riconosciuti co­munque – sia nel caso del processo Medioevo che in quello Tre Moschettieri colpevoli di aver messo in atto atti intimidatori e tentativi di estorsioni ai danni di imprenditori commerciali del viestano. Abbiamo chiesto di commentare la sentenza anche all’ ex procuratore di Lucera, Domenico Sec­cia, che si è occupato parecchie volte di ma­fia garganica, scrivendo sul tema anche un libro (La Mafia Innominabile, edizioni La Meridiana). Ma Sec­cia, sentita la doman­da, ha preferito glissa­re con un secco "Non conosco le carte, non ho letto i documenti, non vorrei commentare questa sen­tenza”. Ma, anche in passato e proprio nei suoi libri, l’ex procuratore lucerino oggi a capo­ della Procura di Fermo, nelle Marche, ha affrontato il tema della mafia che opera nel Garga­no e ha pure citato il clan dei No­tarangelo, "Nella partita con la sovranità sul Gargano, finora lo Stato non ha ancora vinto. Per lunghi tratti la partita non è stata nemmeno giocata perché si è stati intrappolati nella gabbia dell’ideologia della mafia invin­cibile. O perché si è ritenuto che la forza mafiosa incarnasse, in questo territorio, la legge di tutti" spiega Seccia, e ancora "La rego­la è"se tocchi la roba mia sei morto", La roba è la roba che passerà al tuo sangue e che si è ri­cevuto dal proprio sangue. Il confine della terra è il confi­ne del tuo corpo”. Insomma, per l’ex procuratore di Luce­ra la mafia nel Gargano c’è eccome, ma per i giudici che hanno firmato le condanne relative ai processi Medioevo e Tre Moschettieri, in cui erano imputati parecchi perso­naggi interni al clan dei Notarangelo, non pare che negli atti estorsivi e criminali dei condannati fosse stato messo in atto il modus operandi codificato con l’articolo7 d.l. 152/91.

G.F. Ciccomascolo
L’attacco