Grasso. “Contento a metà”. L’ex procuratore Domenico Seccia preferisce non parlare.
Non parla né di amarezza, né di felicità il numero uno di Antiracket e Fai, Tano Grasso; presente a Foggia per la lettura della sentenza del processo Tre Moschetteri. "Sono sentimenti che non mi riguardano quando ci sono le sentenze" spiega Grasso, che ai pochi cronisti presenti dice: "Diciamo che sono contento a metà. Da una parte c’è la sentenza che addirittura stabilisce condanne superiori a quanto richiesto dal pubblico ministero. Dall’ altra, però, c’è un dato di fatto spesso ricorrente per quanto riguarda, i processi ai clan garganici: non è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa. Allora mi chiedo: quando verrà riconosciuta? Quando si capirà che nel Gargano opera la mafia?" Parole a tratti dure quelle del numero uno dell’Antiracket, che commenta così a caldo la sentenza letta dal giudice Carlo Protano che ha condannato a sei anni Luigi Notarangelo, e a cinque ciascuno Giuseppe Notarangelo e Girolamo Perna, oltre a riconoscere un risarcimento pari a cinquemila, euro, per ognuna delle parti civili costituitesi nel corso del processo. Insomma, da una parte ci sono associazioni che si battono per la legalità che riconoscono il modus operandi tipico della mafia, per certi ambienti delinquenziali che operano nel Gargano, mentre dall’altra c’è una – giustizia sempre più convinta dell’ assenza dell’aggravante mafiosa per gli imputati, riconosciuti comunque – sia nel caso del processo Medioevo che in quello Tre Moschettieri colpevoli di aver messo in atto atti intimidatori e tentativi di estorsioni ai danni di imprenditori commerciali del viestano. Abbiamo chiesto di commentare la sentenza anche all’ ex procuratore di Lucera, Domenico Seccia, che si è occupato parecchie volte di mafia garganica, scrivendo sul tema anche un libro (La Mafia Innominabile, edizioni La Meridiana). Ma Seccia, sentita la domanda, ha preferito glissare con un secco "Non conosco le carte, non ho letto i documenti, non vorrei commentare questa sentenza”. Ma, anche in passato e proprio nei suoi libri, l’ex procuratore lucerino oggi a capo della Procura di Fermo, nelle Marche, ha affrontato il tema della mafia che opera nel Gargano e ha pure citato il clan dei Notarangelo, "Nella partita con la sovranità sul Gargano, finora lo Stato non ha ancora vinto. Per lunghi tratti la partita non è stata nemmeno giocata perché si è stati intrappolati nella gabbia dell’ideologia della mafia invincibile. O perché si è ritenuto che la forza mafiosa incarnasse, in questo territorio, la legge di tutti" spiega Seccia, e ancora "La regola è"se tocchi la roba mia sei morto", La roba è la roba che passerà al tuo sangue e che si è ricevuto dal proprio sangue. Il confine della terra è il confine del tuo corpo”. Insomma, per l’ex procuratore di Lucera la mafia nel Gargano c’è eccome, ma per i giudici che hanno firmato le condanne relative ai processi Medioevo e Tre Moschettieri, in cui erano imputati parecchi personaggi interni al clan dei Notarangelo, non pare che negli atti estorsivi e criminali dei condannati fosse stato messo in atto il modus operandi codificato con l’articolo7 d.l. 152/91.
G.F. Ciccomascolo
L’attacco