«Il nucleo fondamentale dei gravi indizi di colpevolezza è costituito in maniera principale, se non quasi unica in moltissimi casi, dall’esito di investigazioni tecniche costituite da intercettazioni non solo telefoniche ma soprattutto ambientali audio/video, veicolari, telematiche, e localizzazione dei veicoli mediante l’utilizzo del sistema gps, e video riprese». Lo scrive il gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis nell’ordinanza cautelare «Neve di marzo»: 35 indagati complessivi; 240 capi d’imputazione (tra cui traffico di droga, armi e oltre 200 episodi di spaccio); 20 richieste d’arresto avanzate dalla Dda; 15 ordinanza cautelari firmate (12 in carcere e 3 ai domiciliari). In molte intercettazioni si parla esplicitamente di droga. Come quando un indagato dice al cliente: «20 grammi tengo, si è finita.
Se no il fumo» (ossia l’hashish) «ti devi prendere». O come quando uno spacciatore, che aveva subito un sequestro di droga da parte dei carabinieri, viene aiutato da un collega a rimettersi in attività e che gli dice: «Ti faccio dare io da… 5 o 10 grammi di fumo, incominci ad acchiappare qualcosa».
C’è poi il problema del pusher rifornito da un indagato ma che teneva per sé, e per sniffarsela, la cocaina da smerciare: «Quello mi stava inguaiando anche a me» dice il fornitore «che mi voleva far calare pure a me con la cocaina. Lo sai che gli ho detto? “Se non te ne vai di qua ti devo schiattare di mazzate”». Nelle captazioni c’è spazio anche per il timore di finire in carcere e d’essere intercettati, come quando uno dei giovani finito in cella nel blitz di mercoledì scorso parlando con un coindagato diceya: «Ma tu ti senti sicuro a parlare con Whatsapp in questo modo?». Stessi timori espressi da un altro arrestato dell’ultimo blitz quando dice che chi va da lui deve lasciare da parte i telefonini per evitare che tramite l’analisi delle celle telefoniche si possa individuarlo: «I telefonini non se li devono portare, che se no aggancia la cella dove sto io.
Diglielo che i telefonini non se li devono portare, sono proprio mongoloidi». Quanto ai luoghi dove nascondere la droga, «la dobbiamo mettere sotto terra che dobbiamo fare i buchi, dobbiamo mettere i boccacci sotto la terra» dice uno degli arrestati che spiega: «si mantiene buona nei boccacci, mamma mia: più fa freddo e meglio è, lo sai?»
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