I magazzini di stoccaggio in Puglia sono pieni di 9,3 milioni di chili di olio extravergine d’oliva straniero con un aumento di quasi il 10% rispetto a dicembre dello scorso anno. A denunciarlo Coldiretti Puglia sulla base dei dati del Ministero delle Politiche Agricole in relazione ai prezzi in caduta libera dell’oro verde che stanno mettendo in ginocchio la produzione regionale, proprio nell’annata della ripresa dopo il crollo fino all’85% della produzione olearia registrato nel 2018 a causa delle gelate.
«Dall’anello più debole della catena fino alla trasformazione, tutta la filiera dell’olio è strozzata da pratiche commerciali che hanno fatto crollare del 40% il prezzo. L’invasione di olio d’oliva spagnolo con le importazioni che nel 2019 crescono in quantità del 48% – dice Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia – non fanno che aggravare la situazione con gravi ripercussioni sul mercato.
Le speculazioni in campagna vanno stanate sui banchi di vendita al consumo. In una bottiglia di olio venduta sugli scaffali della grande distribuzione a 2/3 euro è impossibile sia contenuto olio extravergine di oliva perché non coprono neanche i costi di produzione. L’olio extravergine di oliva made in Italy non può essere venduto a meno di 7-8 euro al litro allo scaffale.
Bisogna guardare con più attenzione le etichette, acquistare oli sulla cui etichetta è esplicitamente indicato che siano stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente da aziende olivicole e frantoiani che fanno della tracciabilità il fiore all’occhiello aziendale».
A detta dei produttori si sono moltiplicate e differenziate le proposte delle diverse catene per rendere meno confrontabili tra loro e più appetibili ai clienti le vendite sottocosto. «Per questo serve intensificare l’attività di controllo e vigilanza anche per evitare che vengano spacciati come nazionali prodotti importati ma è anche necessario al più presto il recepimento della direttiva (UE) 2019/633 dell’aprile 2019 – aggiunge Muraglia – per ristabilire condizioni contrattuali più eque lungo la catena di distribuzione degli alimenti».
Attesa anche la proposta di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico della Fondazione Osservatorio Agromafie, «perché i contratti tra gli attori che operano lungo le filiere del cibo sono presupposto di valore per le produzioni locali, di remunerazione dignitosa per gli imprenditori agricoli e di qualità per i consumatori».
Resta il fatto che sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati – denuncia Coldiretti – «è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge.
Inoltre spesso bottiglie con extravergine ottenuto da olive straniere sono vendute con marchi italiani e riportano con grande evidenza immagini, frasi o nomi che richiamano all’italianità fortemente ingannevoli». Nei ristoranti? «Nei locali – conclude Coldiretti – è fuorilegge 1 contenitore di olio su 4 (22%) che non rispetta l’obbligo del tappo antirabbocco, entrato in vigore nel 2014 e che prevede anche sanzioni e la confisca del prodotto».
«La Puglia deve far fronte comune a tutela dei produttori di olio extravergine d’oliva – dice il vicepresidente del Consiglio regionale pugliese, Peppino Longo – e contro l’invasione di olio di oliva dall’estero, soprattutto da Tunisia e Spagna.
Tutto ciò rappresenta un colpo fatale per i produttori agricoli del Sud Italia in generale e della nostra regione in particolare, già alle prese, con un’annata particolarmente difficile. Le cisterne restano piene di olio extravergine italiano nuoto, della campagna olearia 2019-20, e i prezzi all’ingrosso scendono: sulla piazza di Bari, la principale di riferimento per le quotazioni dell’olio di oliva, l’extravergine italiano di nuova produzione era quotato a fine ottobre come prezzo massimo a 4,60 euro al chilo, mentre oggi siamo a 3,20 euro.
Evidentemente il sospetto è che qualcuno stia speculando affinché il prezzo dell’extravergine italiano arrivi quasi al livello di quello spagnolo (2,60 euro al chilo) e chi ne paga le conseguenze sono come al solito i produttori ed i frantoiani».