Il 23 Maggio di 24 anni fa, la forza della memoria collettiva ci ricorda la strage di Capaci, in cui morì il giudice Falconee lo seguì, nello stesso destino solo alcuni mesi dopo, il collega Paolo Borsellino: due Servitori dello Stato, che hanno immolato le proprie vite per combattere il virus mafioso, scorgendo nella “gioventù organizzata” la vera arma per negare il consenso all’illegalità.
I numerosi progetti promossi dal MIUR hanno incentivato la Scuola e i giovani a capire i reali meccanismi della mafiosità, che non si riducono all’atteggiamento antistatale, ma che spesso hanno dimostrato di allinearsi con gli stessi colletti bianchi delle Istituzioni, tanto da accettare di parlare di “trattativa” Stato-Mafia: quasi che in questo idioma lessicale, si possa conferire una sorta di “legittimazione” a lasciare che la corruzione e la contiguità, possano entrare “di diritto” nel clientelismo degli appalti pubblici, nei segmenti delle scelte politiche e nell’appropriazione delle risorse pubbliche, come un fisiologico male incurabile. Quasi che la mafia virulenta possa apparire più civile e ripulita all’interno di una società sempre più mafiosizzata. I giovani lo hanno capito da tempo, sentendosi sfiduciati da quegli adulti di riferimento che avrebbero dovuto preparare il loro futuro sotto l’egida della legalità per “sentire quel fresco profumo di libertà” di cui parlava Borsellino. Perché è vero che la Mafia teme la Scuola più della Giustizia e l’istruzione toglie erba sotto i piedi della cultura mafiosa. Lo hanno compreso benissimo i giovani che partecipano ogni anno alle iniziative ministeriali indette sul tema. Hanno interiorizzato che se la salvaguardia dei propri interessi prevale sull’etica morale del bene comune, si dovrà accettare necessariamente l’idea che un “diritto” verrà inteso come “favore” a discapito di altri.
Ma forse non tutti sanno che i più virtuosi d’Italia, ad assimilare questa nuova educazione alla legalità, sono stati gli studenti pugliesi della scuola media di Vico del Gargano (Fg) I.C. Manicone- Fiorentino, i quali,grazie alla guida della Preside Apruzzese e dell’Avv. Antonella Laganella,hanno vintol’ultimo concorso nazionale di educazione alla legalità.
Sono stati proprio gli studenti pugliesi a sentire forte, quell’aspirazione di riscatto, in una terra falcidiata da ben quattro gruppi criminali: la società foggiana, la mafia garganica, la mafia sanseverese e quella cerignolana infiltrate nei settori dell’edilizia, dei rifiuti, dell’agricoltura e soprattutto del turismo balneare nelle coste pugliesi, grazie allavicinanza strategica all’Albania, tra i produttori mondiali più potenti, nel mercato internazionale di stupefacenti.
I giovani rappresentano la nuova cittadinanza attiva: hanno dimostrato di non essere prigionieri di ideologie, come le generazioni precedenti. Si sono schierati nel prendere le distanze per decidere da che parte stare, per affermare il proprio senso identitario di persone.
E questa rinnovata responsabilità è stata implementata grazie anche al protocollo d’intesa siglato tra il Presidente di Libera, don Luigi Ciottied il Direttore Maurizio Vallonedella Direzione Investigativa Antimafia: un accordo pattizio volto a promuovere l’organizzazione di percorsi educativi e formativi per i giovani studenti di ogni ordine e grado per diffondere la cultura della legalità in favore delle nuove generazioni.
E’ successo proprio in queste mese di Maggio in cui è nato ed è morto Giovanni Falcone.
Succede che la Mafia, come il giudice sosteneva, come tutti i fenomeni umani, ha un principio, una sua evoluzione e avrà anche una fine.
Amanda Pirro
l’attacco